martedì 16 ottobre 2012

Sorelle in Pentola? Fratelli in formaggio!

Da bambino non amavo i formaggi, ma diventare adulti significa scegliere e ad un certo punto scelsi di avere gusti diversi da mia sorella.
La grande illuminazione fu a Parigi quando caddi in trance per i fumi di una "fromagerie" nei pressi del mio ostello e passai direttamente dall'astemia al caprino. Intimamente continuo a odiare la parola (formaggio, bleah!) ma ho imparato a non lasciarmi fregare dalle etichette.

Al mio riscoperto amore per i derivati del latte si è aggiunto, ultimamente, il cosiddetto "downshifting": per cui, in omaggio a ciò, il formaggio ho provato a farlo da me.
Trattasi, nella fattispecie, di ricotta.
La ricetta, come nella migliore tradizione meridionale, me l'ha data mia madre che, a sua volta, l'ha copiata dalla tv.

Per ogni litro di latte, aggiungete un cucchiaino di sale, e poi mettere sul fuoco.
Prima del bollore, con il termometro ad 80° - io il termometro non ce l'ho e ho semplicemente visto quando qualche bollicina cominciava a salire dal fondo - aggiungete 2 cucchiai di aceto bianco per litro e lasciate raffreddare.
Riportate quasi a bollore, mettete il coperchio e aspettate che si freddi. Si formerà un siero giallo e si vedranno dei grumi a galla, questa è la ricotta. Versate il tutto su un telino per filtrare il formaggio.

Alla fine avanza un bel po' di latticello. Gli italiani non sanno cosa farsene, quindi le risorse in rete sono scarsissime. C'è chi lo usa per i biscotti, in molti per concimare e rinvigorire le piante, ma nel mio caso:
  1. ne è avanzato troppo per farne biscotti a meno che non voglia cominciare a venderli;
  2. sono sempre a dieta;
  3. il mio pollice verde è caduto col moncone ombelicale, a pochi giorni dalla nascita.

Le ricerche in lingua inglese (latticello=buttermilk) invece, hanno portato a risultati decisamente migliori.

Ho raccolto i dati più interessanti per voi. Il latticello si può conservare per circa 3 settimane in frigo e per 3 mesi in freezer; può essere usato per marinare carni bianche e pesce, ottenendo un effetto "frittura" nel caso di cotture al forno.

Esiste, poi, una zuppa dolce tipica Danese che a qualche food blogger ricorda molto la cheese cake, quindi immagino sia allucinogena. Scherzi a parte, avevo già deciso di non preparare dolci, quindi non l'ho provata, e mi sono orientato per il pane, che con il latticello viene morbidissimo!
La ricetta, vi avviso, è molto nordica. Si tratta di soda bread o pane irlandese con farina di farro.
Da notare che cup, spoon et similia sono unità di misura standard nel Regno Unito - non gli basta guidare a sinistra? - quindi vi conviene acquistarle presso un qualunque negozio di cose per la casa.

Oppure andate a casaccio come ho fatto io, traducendo alla lettera: cup=tazza; spoon=cucchiaino... poco ortodosso ma funzionale.
Il procedimento è velocissimo e il risultato è ottimo.
Infine, trattandosi di pane irlandese, può anche entrare di diritto nei post di questo blog!


Etimologicamente parlando: Mi piace la ricotta ma non faccio il ricottaro.
(maledetti Squallor)

Il termine "ricottaro", colui che fa la ricotta, è inteso nell' immaginario napoletano come di chi trae lucro dallo sfruttamento altrui. Quindi il termine viene correntemente usato per intendere "pappone", "cozzaro" in puglia o "magnaccia" nel lazio. Il termine è ormai entrato a far parte della lingua italiana nel senso di zotico, incivile, rozzo. Luigi

venerdì 31 agosto 2012

Birra o Tè? Il dilemma estivo di un'italiana a Belfast

A prima vista sembra una domanda oziosa: birra o tè? Nella realtà, le implicazioni pratiche che la risposta comporta sono notevoli. 
Diciamo che ho iniziato a pormi seriamente la questione durante questa (breve) estate nord irlandese. Appuntamento verso le tre del pomeriggio per quattro chiacchiere tra amiche ma FA CALDO: cosa potrò mai ordinare al bar, considerato che il caffè espresso è meglio evitarlo e i frullati locali (smoothies) sono un puro concentrato di zuccheri? (magari poi ne parliamo eh!)

Ho postato la domanda su Facebook. Solerti, gli amici italiani mi hanno risposto: un bel tè freddo e, voilà, problema risolto. Solo che qui il tè freddo non c'è. Per carità, credo che qualche schifezza confezionata si trovi pure, ma quando ormai sei abituata al gusto del “vero” tè, accontentarti di una bibita insapore è assai difficile. 
Arriva dunque l'ennesimo consiglio in tempo reale. Stavolta è di un amico italiano che vive a Belfast. L'indicazione è chiara: una bella birra, come non averci pensato prima?!
Ecco, a parte che io sarei quasi astemia (ho detto quasi!) scegliere di prendere una birra pone un nuovo problema.

Cambiare luogo dell'appuntamento.

E già, perché qui non è che se vai al bar ti possono servire una bevanda alcolica, neanche se avrà 4 o 5 gradi.

Dunque, bisogna dirottarsi verso un pub. Voi ce la vedete un'allegra combriccola di italiane dirette al pub, alle tre del pomeriggio, a stomaco vuoto e con 25 gradi (equivale a dire “ebollizione”, sul termometro del Nord Europa)? In Italia, una scena improbabile, ammettiamolo. 

Qui, no. Ecco, c'è poco da fare. 
Il sole non si sposa con il tè del pomeriggio, sarà per quello che sul Regno Unito le perturbazioni nuvolose sono permanenti. È per aiutare il folclore locale. 
Che, naturalmente, riesce a far convivere le due bevande senza problemi di sorta. Devi solo avere in dotazione genetica lentiggini, capelli biondiccio-rossi, carnagione diafana e uno stomaco di ferro. Madre natura per le prime tre mi avrebbe pure attrezzata ma niente, di bere Guinness alle tre del pomeriggio il mio stomaco non ne vuole sapere. Continua a sentirsi italiano, l'infido ospite del mio corpo, come devo fare?

venerdì 17 agosto 2012

Contromano

Sono quasi quattro anni che vivo a Belfast, ormai la potrei definire una seconda casa. Lo so, suona strano, stona, ma in fondo è così. Come quando ci si rende conto che un terzo della propria vita la si passa dormendo, difficile ammetterlo...

Non torno spesso in Italia e, dall'ultima volta, sono passati otto mesi. Inutile dire che il mio primo pit-stop è stato al supermercato: frutta, verdure e  insaccati... quanto mi mancano gli insaccati!

Monto sul motorino, lasciato in eredità a mio fratello insieme a Bruschetta, la mia 205. Dopo aver tristemente realizzato coi miei occhi che la macchina è definitivamente defunta, constato che pure il motorino è messo male (mai lasciare i propri affetti a persone non fidate).

Seguendo il dolce flusso del traffico cittadino tutto scorre liscio, ma basta un caffè (quant'è buono il caffè in Italia) bevuto nel bar un po' più in periferia, accompagnato dalle chiacchere con quell'amico che, anche se non lo senti mai, è il primo che vuoi vedere e riabbracciare, ed ecco che scatta l'errore! Giro la chiave, mi rimmetto in carreggiata e un deficiente mi si sta per schiantare contro invadendo chiaramente la mia corsia, la sinistra... Vabbuò ripiego in corner e condivido...

Drive carefully (always) and keep the right (in Italy)...

venerdì 10 agosto 2012

Belfastiani all'estero: Come andare in ferie a ferragosto evitando luoghi comuni e sovraffollamento


Ferie accordate nella famigerata settimana di ferragosto. E il mare non mi va proprio giù. E trovare un volo a poco prezzo è assolutamente improponibile. E non mi piacciono i viaggi organizzati, last minute, second o giù di lì. Allora, l'idea: andare a Merano per visitare i giardini Trautmansdorff. In auto.

Ma Merano è cara. Pure quando non ci si va a sciare. Visto che ormai il guidatore aveva accettato di farsi quei 1000 km ad andare e 1000 a tornare...visto che voli diretti per la Slovenia dall'Italia non ce ne sono, e visto che su Lubiana non c'era manco una guida alla Feltrinelli... bè, mi è sembrata la meta perfetta!!!

Inoltre, avremmo avuto la possibilità di fermarci lungo il percorso: all'andata, sosta e pernottamento ad Arezzo; al ritorno a Bologna.

Non voglio raccontarvi tutto il viaggio, al quale dedicherò magari un capitolo a parte, ma solo di Ljubljana. Tre aggettivi per descriverla: chic, bianca, culturale.

Piccolina, si gira in un paio di giorni, ma è una città dall'assoluto fascino, in stile Art Nouveau e Barocco, un gioiellino splendidamente conservato e a misura d'uomo.

Un lungo fiume pieno di vita: di giorno, con negozi e passeggio; di notte con localini, bar pub ristorantini, zeppi di giovani, di artisti, esposizioni, mostre, quadri all'aperto, attaccati lungo gli argini!

Musei d'arte moderna, palazzi dalle facciate originali, angoli verdi e la luce che si riflette sul bianco - colore predominante della città - con il triplice ponte a rappresentazione del centro e cuore e nodo nevralgico della città. Non sono riuscita a spiegare a nessuno, al mio rientro, la stranissima architettura di questo ponte, ma vi assicuro che è delizioso.

Da vedere anche il ponte dei draghi (il drago è il simbolo della città) e il ponte dei calzolai, il ponte più vecchio della Lubiana medievale.

Non si può dimenticare la sosta al Mercato di Plecnik, quotidiano: vi si vende di tutto, dalla frutta alle suppellettili all'abbigliamento, ma consiglio vivamente di fermarsi presso qualche banchetto che espone i prodotti tipici sloveni, fatti con il miele.

Io ho avuto la fortuna di acquistare due barattoli di miele, uno con crema di arancia e l'altro con crema di cocco (squisiti) e una bottiglietta di liquore al miele: se la materia prima vi piace, non fatevi sfuggire queste specialità!

Il Castello che domina la città, invece, è un po' deludente: è stato restaurato ma è diventato uno spazio espositivo. Bello il parco che si attraversa per arrivarci a piedi e suggestiva la funicolare per salirvi.

Ah, non dimenticate: per circolare sulle autostrade slovene è obbligatorio esporre la vignette, da acquistare prima del confine e che ha sostituito il pedaggio. Attenti: le multe sono frequenti!

giovedì 5 luglio 2012

Il bosone della discordia


Come tanti sedicenti appassionati di scienze, dopo la scoperta del bosone di Higgs mi sono impelagato in interminabili letture di astrofisica - cosi amo chiamare tutto ciò non pubblicato su Focus, purché non superi la dimensione di un francobollo . Ne ho ricavato una moltitudine di informazioni, che mi saranno utili a fare luce nella "materia oscura".


  • Dopo lo sgomento nel discernere il "bosone" da un "busone", ho scoperto che Zichichi non è un personaggio di Crozza, ma una persona vera, solo con limiti di linguaggio e capacità espressiva.
  • Margherita Hack è una donna di grande spirito, come dimostra il vezzo di voler assomigliare sempre di più a Maga Mago, solo non si capisce perchè la intervistano.
  • Il cervello di Stephen Hawking (sempre sia lodato), a differenza della sua sedia a rotelle, sta invecchiando. L'emerito scenziato dovrebbe smetterla di scommettere e anche di bere, magari.
  • Le grandi scoperte scentifiche, come comete, trascinano una scia di gas, nel primo caso sono intestinali però. Ciò accade quando tutti si fanno avanti con la propria teoria. Una delle più accreditate tra i giratori di pollici professionisti vede la possibilità di sopravvivenza del genere umano fino alla trentesima decade cosmologica, riscaldandosi attorno a nane bianche senza luce, barbecue senza fuoco e pochissimi alcolici.
Comunque, in ciascuna visionaria proiezione del futuro dell'universo, si sottovaluta la specie che ci ha già sorpassato per numero e capacità di adattamento ad ambienti ostili: i piccioni. E anche la quantità astronomicamente rilevante di escrementi che producono.

mercoledì 4 luglio 2012

Belfastiani all'estero: Rovaniemi, ma chi sono, Babbo Natale?!


"Non sei completamente fregato fino a quando hai una buona storia da raccontare." E questa città ne ha più d'una. Rovaniemi, capitale della Lapponia Finlandese, a cavallo del Circolo polare artico, è il classico esempio architettonico di "brutto".
La Lapponia si estende su un territorio che comprende Finlandia, Svezia, Norvegia e Russia, e Rovaniemi, la vecchia città del commercio, conta appena 32 mila anime, a dispetto dei milioni di zanzare presenti.

Aver fatto questa foto non implica esserci andati a mangiare.
Quello che ci sarebbe da vedere qui, secondo le guide turistiche, sono il sole di mezzanotte o l'aurore boreale, a seconda del periodo dell'anno, il villaggio di Babbo Natale e l'Arktikum, ma se si è pronti ad ascoltare qualcosa di diverso, c'è molto di più.

C'è il racconto di un popolo senza nazione, e pure ricco di storia e di identità, violentato e distrutto da imperi spietati e sanguinari. Una città rasa al suolo dalle guerre e completamente ricostruita dalla propria gente: qui il Piano Marshall non l'ha sentito suonare nessuno.
Allora, quando passeggiamo per le vie deserte e incrociamo questi ragazzi conciati come Dan Harrow dei tempi peggiori, pensiamo che ce l'hanno fatta e la strada ora è in discesa, nonostante siamo al polo nord, nonostante sia buio pesto per due mesi all'anno, nonostante anche qui sia arrivato Mc Donald's.

domenica 17 giugno 2012

Gli archetipi del migrante




La migrazione ha risvolti psicologici molto interessanti. La cultura ospite e quella dominante si intrecciano e tirano fuori degli archetipi nei quali, a fasi alterne, tutti noi possiamo riconoscerci. Vi presento una versione semiseria e molto personale dell'Homo Migrans.


L'innamorato: Generalmente si accompagna ad un indigeno e adora la pioggia che rende lussureggiante il suo Giardino dell'Eden. Non ammetterebbe mai di preferire volentieri alla sua pinta un bicchiere di vino, Oh Aye!







Il dissidente: Vive lamentandosi della pioggia e delle temperature e sognando il giorno in cui si trasferirà ... in Scozia (?)











Il pentito: Considera l'Italia l'unico posto dignitoso al mondo in cui vivere , ma il fato avverso gli impedisce di tornare.









L'integrato: Al "received" english preferisce di gran lunga il "fucking" english, una variante della lingua ufficiale che alterna ciascuna parola con un "fuck" opportunamente declinato.
Gli autoctoni non ne riconoscono l'accento, ma lo collocano etnicamente nella campagna di una qualche contea vicina.
Ha idee politiche molto precise, per lo più derivate dalla traduzione dei testi degli U2.







L'alienato: Risponde al telefono con "Pronto, chi è?". Non frequenta gli "stranieri" (uh?). Farebbe probabilmente la stessa vita se si trovasse in qualsiasi angolo della Terra.



martedì 12 giugno 2012

Belfastiani all'estero: Helsinki, rotolando verso Nord


La Finlandia é cara, non si tratta di un`opinione ma di un dato di fatto. Helsinki lo é ancora di più ma, se le finanze ve lo consentono, dedicatele almeno un paio di giorni.

All'inizio avevo sottovalutato il fascino del luogo, liquidandolo come una Stoccolma con un minor numero di attrazioni ma poi, complice l`hotel vicino al tradizionale mercato del pesce, ho capito che l'anima della citta non risiede in monumenti e chiese quanto, piuttosto, nel suo porto.

Helsinki ha una forte tradizione marinara, commerciale e anche quelle nuvole basse basse sull'orizzonte non hanno nulla di inquietante quanto, piuttosto, di ospitale e avvolgente, perfino caloroso.

Magie del Nord.

La luce, la bianchissima luce settentrionale, si riflette sulle chiare facciate delle case, sulla Tuomiokirkko e sulla superfice del mare, offrendo uno spettacolo abbagliante anche quando il sole é coperto da nubi.
Bici che scampanellano e pedibus di bambini - tutti rigorosamente con giubbino catarifrangente - animano le strade, in cui si nota anche una discreta presenza di turisti; le terrazze dei ristoranti sono aperte fino a tardi per chiunque voglia godere di un buon caffé, la bevanda analcolica nazionale.
Dicono che Helsinki, come tutta la Finlandia, abbia un carattere duale: sole e luna scandinavi sembrano raccontare quasi la favola di una lady Hawke moderna, lasciando tanto spazio all`immaginazione del visitatore, stupito che il lieto fine, per una volta, possa esistere anche nella realtà.

L.

martedì 29 maggio 2012

Knoeth & Newgrange: quattro pietre in fila

La contea Meath, o contea dei re, è un territorio dalla storia antica. Un paio di week end fa vi siamo stati per vedere la Boyne Valley, zona con i resti neolitici più importanti dell'Europa occidentale.

Si trova a 1 ora e 40 da Belfast ed è molto facile arrivarci. Il che già di suo è piuttosto strano perchè, sebbene nell'isola ci siano migliaia tra megaliti e dolmen, sono appena un centinaio i cartelli stradali che li indicano ai visitatori (il "piano viario nazionale" è ispirato alla mappa della Terra di mezzo).

Newgrange, Kneoth e Tara rivelano un'età dell'oro pre-celtica, precedente di 1.000 anni Stonenge e di 600 la piramide di Giza in Egitto; un periodo durante il quale vennero innalzati monumentali megaliti grazie ad una tecnologia e a conoscenze artistiche, scientifiche e astronomiche difficili da immaginare.
Potrebbe capitarvi di provare la sindrome di Stendhal, sebbene, da italiani come noi, è più probabile che ve la provochino i servizi offerti dal sito archeologico che i manufatti artistici.
Si può usufruire, infatti, di una navetta interna con i posti riservati per raggiungere Newgrange e poi Kneoth. La guida, in inglese, è inclusa nel prezzo del biglietto, 11 euro di convenienza.
Qualora dobbiate attendere un po' per il bus a voi assegnato, potrete approfittarne per visitare il museo interno o la caffetteria - sì, l'espresso è indecente, ma lo sapevate già.

Mentre eravamo sul posto non abbiamo potuto fare a meno di ascoltare il solito gruppo di italiani - non voi -  che, come prevedibile, denigrava le "quattro pietre in fila".

Sorvolando sul fatto che le pietre sono in cerchio e non in fila, e che non sono 4 ma migliaia, io e Laura abbiamo riflettuto su come siamo poco preparati ad un turismo diverso, che sia culturale o meno. Pronti a bearci sempre delle bellezze nazionali, non riusciamo a guardare oltre il nostro ombelico. Fieri del primato italiano, difficilmente riconosciamo il primato altrui o altri meriti, come quelli organizzativi, mentre potremmo imparare tanto. A ciò probabilmente si aggiunge la scarsa conoscenza della lingua inglese, che non ci permette di fruire dell'informazione offerta.

Noi abbiamo "tirato la pietra", voi cosa ne pensate?

venerdì 18 maggio 2012

Belfast e Dublino: un'Irlanda tutta da scoprire


Pubblico un post del 2009 al quale sono particolarmente affezionata. Qualche anno fa partivo più alla ricerca del futuro che di un luogo da visitare. Arrivai con Luigi in un'Irlanda diversa, in una città dal passato difficile, con molte promesse per il futuro.
Accettammo dunque la sfida e non possiamo dire di esserci pentiti!

Perchè l'Irlanda non è solo Dublino...


"Sono stata alcune ore in Irlanda. Quasi tre giorni in verità. Pare anche che ci tornerò. Comunque sia, sono stata in Ulster, Irlanda del Nord, e solo per un pomeriggio a Dublino. Che mi è sembrata caotica e trafficata, e battuta dalla grandine, pure se bella lo è.

Io, invece, sono andata a Belfast, città nota in passato per i Troubles, gli scontri tra nazionalisti e lealisti. Oggi, secondo il Sudafricano dell'ostello, è la seconda città più sicura al mondo.

Sarà, ma io ero partita molto più che prevenuta. E come la regola vuole, mi sono dovuta ricredere. La città è pacifica, tranquilla, piena di gente cordiale. Amichevoli, questi Irlandesi, ah però, anche se usano la sterlina e guidano storto.

Titanic Memorial 2012
Non che Belfa (come simpaticamente è stata rinominata) sia la città più bella del mondo. Però ha in cantiere un sacco di opere stupende, ed il brutto è che tu ci sei lì, vedi le gru, gli operai, i lavori e ci credi che finiranno nel 2012. W Sua Maestà, o comunque la si voglia chiamare da quelle parti.

Insomma, alla fine l'Irlanda è molto di più che Guinness, prati verdi e pub. Sembra che stare lì sia un po' come respirare una promessa. Di pace, in Ulster. Di rinascita. Di prosperità.

Vi terrò aggiornati e intanto, se dovesse capitare, un biglietto per Belfast pigliatelo: i murales da soli valgono il prezzo di andata e ritorno."

L.

domenica 6 maggio 2012

Vintage gaming lethal cocktail: Paracetamolo e Informatica

Qualche anno fa una ricerca dell' università di Cambrige scopriva che quanto più la tecnologia diventa "user friendly", tanto meno gli studenti di informatica sono preparati.
Quindi un computer rudimentale darebbe loro gli strumenti migliori per sperimentarsi senza rischiare di distruggere il nuovo iPad (peccato!).
Così nasce il Raspberry Pi, diventato oggetto del mio desiderio da quando ho letto le specifiche tecniche: 22£ di vetronite, silicio e stagno.
Ad aumentare la voglia di acquistarlo, due fattori:

  • tutto il "nerdume" da modder trovato in rete, di cui solo un informatico d'annata può subire il fascino;
  • l'esaurimento di tutte le scorte già in pre-vendita (350 mila pezzi), con una lunga lista d'attesa per la "prossima sfornata".

Dopo essermi messo in coda, non mi è restato che fantasticare sulle cose da fare con il mini-pc. Dalle applicazioni di domotica ad una internet radio, per finire con la riproduzione di un videogame da sala giochi degli anni 90,
il cosiddetto Arcade, ve lo ricordate? con la bruciatura di sigaretta sui tasti nonostante il cabinet avesse il posacenere incorporato (sembra paleolitico).

Ma in una di quelle giornate da racconti di Dickens, ammalato e abbandonato dagli affetti (Laura non mancherebbe mai ad un global market), un'idea ha risvegliato i miei sensi.
Possedevo già un dispositivo da hackerare: la Wii.
Ed è cominciata l' "operazione vintage gaming" per invecchiare la mia consolle di una ventina di anni. Vi avrei caricato quei giochi di cui avevo dimenticato il nome nonostante la valanga di gettoni spesi - chi sa se avrei potuto pagarci il mutuo.
Sono molto orgoglioso di presentarvi il risultato.
(Nelle immagini che seguono la scatola di paracetamolo farà le mie veci, per evitarvi lo shock del mio degrado estetico e testimoniare le avverse condizioni di salute).
Questa immagine compariva quando il gestore della sala doveva riavviare un videogioco bloccato (era lecito chiedere un gettone gratis)

Golden Axe lampeggia "Insert coin" prima ancora di avviarsi.

Vintage gaming: non morite dalla voglia di cambiare 1000 lire in gettoni?

Chiunque abbia mai fatto filone (marinato la scuola)  nel Vesuviano, avrà giocato a questo videogame da "Zi Catarì" a Pompei.

venerdì 20 aprile 2012

Dubbing Trouble: Cinefili all'estero

Il primato della scuola di doppiaggio italiana è riconosciuto dagli esperti di tutto il mondo, ma quando uno straniero capisce che vedi i film doppiati non potrà che sorridere e, se potesse, immaginerebbe scene fuori sincrono tipo "I Promessi Sposi" del trio Solenghi Marchesini Lopez.
Fuori dal Bel Paese, infatti, i sottotitoli sono la norma e per chi non è abituato può essere molto difficile: pensi in italiano, leggi in Inglese e ascolti una lingua a caso. (Tanto per divertirci l'ultima volta Laura ha optato per l'iraniano.) Dopo il film, parli come il monaco deficiente de "Il nome della rosa", anche se ci sentiamo di tranquillizzarvi: il giorno dopo riprenderete semplicemente a parlare male in inglese e in italiano.


Dormire, infatti, resetta il cervello alla lingua default. Un trucco per riprendersi in tempi rapidi è usare le interlocuzioni in lingua (well, actually). La conferma l'ho avuta quando un amico dissipò il "silenzio da traduzione" con un inaspettato "brilliant", tra lo stupore attonito e un po' invidioso degli italiani presenti al suo stesso tavolo.

La questione del doppiaggio diventa palese se si guarda il commissario Montalbano sulla BBC. Impossibile non notare che ogni personaggio è fatto dalla propia voce come dai gesti e lo stesso Salvo, senza le sue "strigliate" (premesso che parlare ad alta voce in UK è punito per legge) sarebbe un altro personaggio.
Se poi una serie britannica viene comprata dalla RAI la cosa diventa ancora più evidente.
Il baritonale e misterioso Sherlock Holmes, doppiato in italiano, si trasforma in un ragazzetto irriverente e sessualmente ambiguo ("Scerloccò" nella versione italiana).
Per noi maschietti poco male, ma Laura, sotto shock, stava organizzando un sit in Viale Mazzini per bardare il cavallo morente con fiocchi rosa, quale atto dimostrativo. Poi, ha semplicemente deciso che vale la pena imparare l'inglese anche solo per ascoltare Benedict Cumberbatch. Fate un po' voi...

venerdì 13 aprile 2012

Nuvole: l'eclissi di sole irlandese permanente

I percorsi di questo blog si avventurano spesso in questioni culturali che distinguono il popolo italiano da quello irlandese, talvolta riuscendo anche a dipanarne qualcuna. Ma i nostri (in)soliti mezzi non potranno mai spiegare un fenomeno: quello "atmosferico".
Perché in Irlanda piove sempre?
Ho provato a formulare alcune teorie attenendomi a diversi ambiti dello scibile umano.
Se avete altre idee, suggerite senza indugio:

Le previsioni meteo per i prossimi 5 lustri.
  • Scientifico: 
    • la reazione tra l'enorme quantitá di alcool ingerito e la conseguente valanga di "ammoniaca" prodotta, sviluppa nuvole alcaline.
      Il fenomeno chimico spiegherebbe anche il rutilismo come risultato delle conseguenti piogge acide. In Irlanda, infatti,  molti hanno i capelli rossi, 
      nonostante il genotipo etnico sia moro. (Non ho trovato riscontri circa quest'ultimo dato, ma l'informatrice anonima locale, mora, si tinge i capelli di rosso);
    • l'introduzione dei conigli in Australia, insieme con la cacciata dei serpenti dall'isola ad opera di San Patrizio, hanno alterato irrimediabilmente l'ecosistema, generando uno squilibrio che ha modificato il microclima per sempre; 
  • Legale:
  • Teologico:
    • una punizione del Dio della Linguistica per le troppe parole che significano pioggia: raining, drizzling, spitting, showering, pouring, dashing, pissing.
  • Mitologico:
    • Il solito Paddy, a causa di un errore ortografico nel contratto con un Lepricauno, ha confuso sol con soul e invece di vendersi l'anima, s'é venduto il sole; (troppo Irish questa, non so se arriva).
Tuttavia, siccome siamo ottimisti, ecco una fantasiosa lista di aspetti positivi.
  • Cose utili che fa la pioggia:
    • nei beer garden (pub all'aperto) la pioggia é il modo piú economico per avere sempre il boccale pieno. Si risparmia anche di fare la fila al bancone, (quando si dice "vedere il bicchiere mezzo pieno");
    • in mancanza del bidet, le continue "showers" garantiscono un livello accettabile di igiene;
    • nessuno ha bisogno di innaffiare il proprio prato all'inglese;
    • nessuno aspetta che non piova per fare o non fare qualcosa;
    • Fabio Fazio non conduce nessuna trasmissione;
    • anche gli usurati argomenti di conversazione metereologici possono indrodurre discussioni strutturate e avvincenti.

venerdì 30 marzo 2012

Belfastiani all'estero: Bruxelles, nel cuore dell'Eurasia

Europa, Africa e Asia in 161 kmq

Bruxelles non è una città che ti colpisce subito. Deve entrarti nel cuore lentamente, e forse riparti anche con la sensazione di non essere stato in un classico "bel posto". 
Troppo poco verde, troppe strade a scorrimento veloce, troppe automobili, troppi edifici mitteleuropei. Una Vienna gigante e anche una Francoforte  in miniatura; una metropoli africana in piccolo; un'Amsterdam di due strade; una Basilea di scorci e qualche fontana. 
Poi, comincia a piacerti questa città strana, che sembra la somma di tutto e di niente, che può essere chic e colorata, dai profumi di souk turco e spezie africane, cozze, patatine e fricandel.
Magari, in ossequio ai suoi migranti, ti regala anche quattro giorni di sole intenso e afa del Sud: e se hai preso un aereo da Belfast per arrivare "Giù al Nord", capita anche che devi correre a comprare un paio di infradito!

L.





venerdì 16 marzo 2012

Tutti i mezzi per raggiungere l'Italia

Mezzo di trasporto alternativo: verde ed economico.
Puó abbassare il carbon footprint piú del cellulare a manovella.
Chi vive lontano dalla propria cittá di origine si vede spesso costretto a viaggiare.
La ripetitivitá del percorso ci fa credere di poter scoprire mezzi e rotte alternative.
Noi vi offriamo di seguito le nostre opzioni di viaggio Napoli - Belfast.
E voi, cosa avete inventato?




Opt 1
Treno (?) notturno Trenitalia: Napoli - Roma +
Ryanair: Roma - Dublino +
Bus: Dublino - Belfast. 

PROs: É sempre l'opzione piú conveniente (maledetta Ryanair).

CONs: Le possibilità di viaggio con Trenitalia oscillano tra vagoni dimenticati da dio e dagli uomini e che partono solo nelle notti di novilunio o Frecciarossa costosi quanto un aereo.
Avendo preso di rado questi ultimi, posso fare una lista delle cose che mi sono accadute frequentando i primi.
Incontri:
  • Un ragazzo che, entrato nel mio scompartimento, prende con naturalezza un pacco sospetto sotto al sediolino per poi allontanarsi in gran fretta;
  • Croccodile Dandee, il paninaro del Drive-In, Tina Pica e personaggi assortiti che vomitano in un angolo. Tutti insieme si sono ritrovati nella mia stessa sala d'aspetto mentre l'ultima cosa da fare al mondo è cedere al sonno.
Scopri che:
  • Chi dá un calcio ad un tozzo di pane non é detto che dopo non lo raccolga e lo mangi;
  • Per guidare il treno ci vogliono la chiavi, e un macchinista puó perderle in una stazione intermedia tra quella di partenza e quella di destinazione (Laura ha visto cose...). Il vostro destino è, quindi, simile a ciò che accade quando si chiama l'azienda del gas: una vocina interiore vi suggerisce  "Attendere prego" ma senza musichetta di sottofondo;
  • I treni che hanno un ritardo inferiore ai 60 minuti possono sempre essere soppressi; 
  • La nuovissima stazione di Pompei non ha gli scivoli per le carrozzine al  binario 2, pertanto i disabili a bordo nella direzione "sbagliata" sono tenuti ad avvertire in tempo. In questo modo si consentono le operazioni di cambio binario (un'ora di ritardo al minimo) o il reclutamento di volontari per il trasporto a braccia;
  • Come i Transformers, un Rapido puó diventare Metropolitano e viceversa a causa dei ritardi. Il caso viene definito auto-soppressione di un treno... una specie di suicidio.

Opt 2
Aerlingus: Napoli - Dublino (disponibile solo nel periodo estivo quando Orione entra in Capricorno) +
Bus: Dublino - Belfast;

PROs: Si evita il problema di viaggiare in Italia, riservando gli spostamenti su gomma all'Irlanda.
CONs: Non sempre sugli aerei le cose vanno meglio che in treno. Ecco cosa mi é successo durante i vari viaggi:
  • Lo steward sbronzo ha cantato al microfono della cabina "I believe I can fly";
  • I soliti Italiani (non noi) al momento del decollo hanno asserito che mancavano le condizioni di sicurezza per poter viaggiare; hanno chiamato lo steward "ricchione"; si sono fatti trascinare fuori dall'aereo dalle forze dell'ordine;
  • Dopo il classico "applauso di atterraggio", di tradizione esclusivamente Italiana, il pilota, come una rock-star, ha gridato: "Grazie, piú forte, ancora!";
Opt 3
Easyjet: Napoli - Londra - Belfast

L'opzione é molto comoda, ma bisogna essere pronti a saltare eventualmente su una nave per raggiungere l'Irlanda. Una volta, causa neve, io e Laura abbiamo impiegato 3 giorni prima di riuscire a lasciare l'aeroporto di Londra Stansted e rientrare finalmente a casa a Belfast.

Opt 4
Time Machine +
Aerlingus: Napoli - Belfast (scomparso nel 2009), Spanair non pervenuto

Non sempre possibile, dato che a Napoli in pochissimi conoscono "Doctor Who".

Opt 5
Auto: Napoli - Roscof +
Irish Ferries: Roscoff - Rossler + 
Auto: Rossler - Belfast

CONs: Costa una settimana di ferie e qualche bel soldino messo da parte;
PROs:
  • Si attraversa tutta l'Italia (ancora una volta) approfittando della convenienza e del fascino dei piccoli centri;
  • Si può guidare a Le Manse come un pilota Gran Turismo;
  • Nella campagna Francese anglofoba si può parlare come Totó (noio volevan savuoar) senza vergogna;
  • Si scopre che "Giú al nord" della Francia la cultura é Celtica e il paesaggio suggestivo e autentico. Non c'é un antipasto migliore per l'Irlanda;
  • Durante la traversata della Manica si può fingere di essere in crociera come in viaggio di nozze e godersi lo spettacolo a bordo, il bar e il ristorante (noi ci abbiamo provato con successo);
  • Ci si imbatte in un villaggio in Repubblica dove trovare le fragole piú dolci d'Irlanda;
In questo caso, una volta arrivati a destinazione festeggiammo con una bottiglia di vino del Vesuvio, artigianale, unica al mondo e accuratamente nascosta nel portabagagli dell'auto.
Un'altra bottiglia la regalai al mio vicino che, entusiasta, chiamò Domino's per la "pizza", pensando così di fare una cena all'Italiana, sic! Luigi

lunedì 5 marzo 2012

Mangia come parli: la cucina Italiana all'estero

La presenza di un ristorante Italiano é d'obbligo in qualsiasi cittá del mondo. Come pioniera della globalizzazione, la pizza ha raggiunto ormai da tempo qualsiasi angolo del pianeta.

Benché ogni italiano sappia quanto la nostra cucina sia il risultato di prodotti freschi e locali, si ostina a mangiare nei ristoranti Italiani all'estero. Forse per il solo gusto di dire: "il ragú non si fa cosí" e finire per discuterne animatamente con un altro italiano. In realtá nessuno dei due ha mai cucinato il ragú, ma come é quello di mammá ...

Si tratta di un argomeno preso molto seriamente dai nostri amici esteri: essere italiani implica essere poco meno di uno chef professionista, per "diritto di nascita". Uno, ad esempio, si é talmente mortificato per aver aggiunto del pepe sulla pizza in presenza di italiani in un ristorante italiano che, quando ricordiamo insieme quell'episodio, mi dice ancora "Sorry".

I limiti culturali che ostacolano l'integrazione "gastronomica" riguardano la percezione di completezza del pasto. Gli Italiani spesso considerano un pasto completo solo se c'é la pasta, mentre in molti paesi del nord questo succede con la carne.
Ne consegue che anche i piatti cucinati all'italiana tra stranieri devono avere un po' di carne.
Nascono, così, delle improbabili accoppiate come gli "Spaghetti con polpette", immagine cliché della cucina italiana e mai visto dalle nostre parti. Senza contare una ricchissima varietá di ricette traducibili in italiano con la sola parola "pollo".
Io e Laura abbiamo scoperto in Massacchussets che si possono riempire anche 2 pagine di menú con tanti nomi "fancy" da dare al pollo.
La dicitura Main Course, (Piatti Principali: all'estero non si fa distinzione tra primi e secondi) molto spesso potrebbe essere tradotta come "Chicken Course" senza fare torto a nessuno.


Piuttosto, un antipasto (o contorno? mah...) che di Italiano non ha neanche il nome é la Cesar Salad, imprudentemente tradotta talvolta come "insalata di Cesare", anch'essa presente nei menú di ogni ristorante italiano a Belfast.
Incuriosito dal nome classicheggiante, una volta l'ho ordinato. É pollo.

venerdì 24 febbraio 2012

Temperature percepite (The show must go on) Freddo e attivitá all'aria aperta


Ricordando a tutti voi che Belfast é pur sempre una cittá di mare (ve n'eravate accorti? brrr), si capisce perché numerosi "indigeni" non mancarenno l'occasione di invitarvi a fare surf, rafting o una piú banale pesca subacquea.
Messa li cosí, da un vostro collega o dal vostro vicino di casa, maledirete l'accento e chiederete ancora una volta di poter ripetere, please.
Avete capito benissimo, ma c'é qualcosa che lui dà per scontato. Un po' come per voi il fatto che il caffé sia espresso e talvolta dimenticate di dirlo.
Ci vuole una muta.
Ovviamente ne esistono di estive e di invernali, ma scommettiamo che quella invernale diventerà la vostra "quattro stagioni" preferita.

Qualche anno fa ho fatto il bagno nella Manica ad agosto. Da buon italiano non ho resistito e pur non avendo il costume con me, mi sono tuffato in mutande.
Ero convinto che mi sarei abituato prima o poi alla temperatura dell'acqua, ma ad un certo punto avrei preferito aspettare la morte.
Per sopravvivere, quindi, vi occorre una muta. Purtoppo vi toccherá spogliarvi all'aperto e indossarla sulla spiaggia con gli altri, sebbene potreste metterla già a casa sotto i vestiti, come si fa con il pigiama quando a scuola fa freddo (Laura ha visto cose...in Italia, stavolta).

Io ho sempre schivato gli inviti, usando come scuse i colpi d'aria e la cervicale, ma provate a tradurli voi!
(Qualche folle ha cercato di tradurre anche: cambio di stagione e maglia della salute)

Comunque sia, presto o tardi, l'estate arriverà. Con l'aria condizionata rigorosamente a palla dal 1 marzo si potrà soffrire il freddo quando meno ce lo si aspetta.
In realta, la primavera puó essere piacevole e anche l'estate talvolta é mite. A giugno di 2 anni fa una volta ho sudato, ma non vi aspettate che fossi in costume e ciabattine.

Come antidoto al freddo, cerco sempre di ricordare le parole di un amico marocchino che mi accompagno in aereoporto la prima volta che partii per l'Irlanda.
Per fugare i miei timori sull'inverno d'Oltremanica mi raccontó della sua esperienza nel deserto come militare di leva, 40 gradi all'ombra.
Mi disse: "Poi ti abitui" e io pensai avesse ragione. Ingenuo.

sabato 18 febbraio 2012

Perché Sanremo é Sanremo

I tre giorni in cui l'Italia vive appesa alla volubilità dell'etere ed in cui: critica, legge, discute e scrive solo del festival di Sanremo.
Un unicum mondiale.
Ad esempio, per il solo fatto di essere italiano, riesco a vedere il festival della canzone da Belfast, pur senza aver orientato la parabola. E dato che mia moglie scrive di film che non ha mai visto, io merito senza dubbio di poter scrivere questo post.
La prima notizia che ha fatto discutere é stata la conduzione affidata a Gianni Morandi, ma già si vocifera per l'anno prossimo il grande ritorno di Mike Buongiorno, evocato direttamente dall'aldilá. Nessuna indiscrezione sul cachet.

La vetustitá del festival pare sia dovuta al regolamento. In esso si asserisce incontrovertibilmente che i candidati alla conduzione debbano aver fatto la campagna del Piave.
Risultato? Il festival di Sanremo é talmente lontano dai giorni nostri che questo post puzza di vecchio prima ancora di essere pubblicato.

Immancabile la presenza femminile.
Come in molti hanno ribadito, non c'é festival senza vallette. Quindi, nonostante il caso si sia messo di traverso e la Mrazova sia all'ospedale, due disposte a comparire insieme ad un vecchio si trovano sempre (mai immagine fu più rappresentativa per il Paese).
La scomparsa delle vallette, tanto agognata dalle femministe piu intransigenti, rappresenterá una svolta per la nostra disastrata nazione ancora piú di una "lady di ferro" capo del governo.

Capitolo Celentano.
Farfuglia, incasina, ma fa cosí perché é ancora giovane. L'anno prossimo Noschese, che é piú misurato.
Una domanda: come si puó commissariare una trasmissione televisiva?

Chiudo con la grande protagonista del festival: la musica.
Non pervenuta anche questa volta.

Vi lascio con una chicca: le indiscrezione per l'anno prossimo. Si vocifera che il festival di Sanremo andrà in onda in bianco e nero, con tanto di Sigillo Regio di casa Savoia in sovra impressione. W la tradizione.

giovedì 16 febbraio 2012

These Happy Days are yours and mine

Ho scoperto che mi piace leggere.
"Happy days" direbbero qui, come a dire: "Embeh?" oppure "Bravo...".
Sarà che la lettura l'ho sempre vista importante, impegnativa. Non necessariamente pesante, ma comunque intrisa di una propria funzionalitá didattica che non le consente di essere trattata con leggerezza, neanche se é Bukowski.
Forse é il risultato di un padre paladino della Letteratura o semplicemente della separazione, tutta italiana, tra didattica e gioco, che ti insegna a scrivere solo leggendo, ancora una volta, "I Promessi Sposi".
Ho così involontariamente formulato l'ipotesi "culturale" Italiana: leggere per imparare a scrivere, appunto. Non ho speranza.

La musica invece é diversa, puoi ascoltare Debussy e rimanere un imbecille (gli esempi di sprecherebbero). In conservatorio ho ascoltato degli autentici virtuosi della musica che parlano solo in dialetto. Di fronte alle mie emozioni, questo era un pregio, un segno di autenticità.
Pur continuando ad interrogarmi su cosa fosse la cultura in Italia, mi sono tenuto sempre alla larga dalla letteratura, almeno quanto basta per riuscire a portare a termine gli studi.

Non sono da molto qui, ma abbastanza da notare che a Belfast la School of Music, (pare che qui non si "conservi" nulla), sia perfettamente integrata con l'universitá, e le facoltá hanno nomi avveniristici e immaginifici come: "Sonic Arts". Quindi l'alternativa esiste.
E io adesso banalmente scopro che mi piace leggere.
I racconti brevi, le storie di due pagine, il blog di ricette delle Sorelle in pentola valgono tanto se sanno darti il fremito che ti tiene sospeso e sognante per qualche minuto. Come nel jazz, é un flusso che passa dalle mani di chi scrive agli occhi di chi legge e poi alle sue mani che scrivono.
Allora leggo per imparare a sognare, anzi leggo per non imparare. Luigi

lunedì 13 febbraio 2012

Temperature percepite (to be continued...) Freddo e abbigliamento.

Per meglio capire la cultura che ci ospita non possiamo evitare di affrontare il problema dei problemi: il meteo.
Ebbene, soprattutto in questo caso, noi Italiani non possiamo che porci come osservatori "esterni"(brr), pur se imbacuccati negli immancabili guantisciarpacappello.

Provare a descrivere il freddo e' sempre difficile, ma in Irlanda del Nord lo é un po' di piú.
Di rado identificato dalla parola cold, é riportato spesso come
Il freddo qui non ha a che fare con l'abbigliamento dal momento che la massima espressione di se, per un Belfastiano di razza, e' indossare i sandali con neve e gelo (Laura ha visto cose...). Alcuni accessori, come ombrelli, sciarpe, cappelli, hanno per lo piú una funzione ornamentale, buttati come sono sul pavimento dei caffé (quando va bene).

Nei luoghi chiusi la maggioranza degli uomini resta in T-shirt tutto l'anno, anche se fuori nevica. In effetti tiene la T-Shirt anche quando va a spostare la macchina, fumare o fare l'alba con gli amici. Tale é l'abitudine a bere una pinta in maniche di camicia, che ogni pub ha istallato un sistema di riscaldamento (a radiatore) sulle pareti esterne, forse sotto pressione del servizio sanitario nazionale.
Fumare sotto la pioggia senza ombrello é una prassi consolidata e imprecare se la pioggia spegne la sigaretta é sport nazionale.
Sia chiara una cosa: il freddo lo soffrono anche gli irlandesi, basta vedere come sono intirizzite le ragazze in minigonna (senza collant) fuori dai pub (a Londra il colore piu di moda per le calze e' il blu ipotermia).
Tuttavia, il vestire "leggero" é il tributo da pagare agli dei per la "corrente del golfo".
Se pensate che da qui si vede l'aurora boreale e che, altrove, alla stessa latitudine ci sono gli iceberg, anche voi potreste pensare di omaggiare i vostri, magari voi toccando ferro o facendo corna.

venerdì 10 febbraio 2012

Geografia dell' Ulster

Se sei residente a Belfast o in generale in Irlanda del Nord, farti spedire un pacco dall'Italia é una delle imprese piú ardue che possa dover portare a termine.
Data la meticolositá con qui si deve indicare lo stato (Nord Irlanda), la contea (Antrim), la confederazione (UK) etc, alcuni spedizionieri suggeriscono di inviare a Dublino da un conoscente (chiunque ne ha uno) e recuperare il pacco con altri mezzi.

Le differenze tra Irlanda (isola), Irlanda (repubblica) e Irlanda del nord non sono le sole cose a mandare in confusione i piú.
Proviamo a fare chiarezza sull' argomento. Le seguenti denominazioni esistono (fidatevi) tutte:
• Regno Unito
• Gran Bretagna
• Isole britanniche
• Irlanda del Nord
• Ulster
• Repubblica d'Irlanda
• Isola d'Irlanda

Queste sono entità geografiche tutte distinte, anche se spesso sovrapposte.
Belfast è in Irlanda del Nord, in Ulster, nel Regno Unito e nelle isole britanniche, ma non in Gran Bretagna. É nell'isola d'Irlanda, ma non nella Repubblica.
É una gran casino, e non solo per noi Italiani.
Nessun Nord Irlandese neanche lo ha ben capito, ma glissa di continuo l'argomento temendo di poter essere offensivo per un qualsiasi motivo politico.

Gli Italiani con il termine Inghilterra, invece, intendono qualsiasi cosa sia oltre la manica. Ció é considerato molto offensivo per chiunque viva nelle isole britanniche, eccetto gli Inglesi. Uno scozzese potrebbe leggittimamente uccidervi per questo motivo, (e intendo proprio "legittimamaente" secondo un tribunale scozzese).
Nonostante gli Inglesi (propriamente detti) non si offendano, comunque non condividono questa definizione, dato che identificano con Inghilterra il pianeta terra.

Certo che questo abbia dipanato ogni dubbio, vi lascio in coda un video esplicativo.