"Happy days" direbbero qui, come a dire: "Embeh?" oppure "Bravo...".
Sarà che la lettura l'ho sempre vista importante, impegnativa. Non necessariamente pesante, ma comunque intrisa di una propria funzionalitá didattica che non le consente di essere trattata con leggerezza, neanche se é Bukowski.
Forse é il risultato di un padre paladino della Letteratura o semplicemente della separazione, tutta italiana, tra didattica e gioco, che ti insegna a scrivere solo leggendo, ancora una volta, "I Promessi Sposi".
Ho così involontariamente formulato l'ipotesi "culturale" Italiana: leggere per imparare a scrivere, appunto. Non ho speranza.
La musica invece é diversa, puoi ascoltare Debussy e rimanere un imbecille (gli esempi di sprecherebbero). In conservatorio ho ascoltato degli autentici virtuosi della musica che parlano solo in dialetto. Di fronte alle mie emozioni, questo era un pregio, un segno di autenticità.
Pur continuando ad interrogarmi su cosa fosse la cultura in Italia, mi sono tenuto sempre alla larga dalla letteratura, almeno quanto basta per riuscire a portare a termine gli studi.
Non sono da molto qui, ma abbastanza da notare che a Belfast la School of Music, (pare che qui non si "conservi" nulla), sia perfettamente integrata con l'universitá, e le
facoltá hanno nomi avveniristici e immaginifici come: "Sonic Arts". Quindi l'alternativa esiste.
E io adesso banalmente scopro che mi piace leggere.I racconti brevi, le storie di due pagine, il blog di ricette delle Sorelle in pentola valgono tanto se sanno darti il fremito che ti tiene sospeso e sognante per qualche minuto. Come nel jazz, é un flusso che passa dalle mani di chi scrive agli occhi di chi legge e poi alle sue mani che scrivono.
Allora leggo per imparare a sognare, anzi leggo per non imparare. Luigi
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