venerdì 8 novembre 2019

"Another Brick In the Wall"

Trent'anni fa cadeva il Muro. Trent'anni fa quattro giornalisti, un funzionario e un tenente colonnello hanno fatto, più o meno consapevolmente, la Storia. Di racconti sul muro di Berlino ce ne sono a bizzeffe. Fuggitivi, spie, prigionieri, diplomatici, militari, gente comune: c'è solo l'imbarazzo della scelta. Storie a lieto fine, storie di morte, storie struggenti. Una su tutte, però, mi ha sempre colpito. La storia del crollo. É la mia preferita perchè mostra come, in specifiche circostanze, un singolo uomo – e il susseguirsi di pure fatalità – possano avere un impatto deflagrante. Siamo a Berlino Est, 9 novembre 1989. Conferenza stampa con i giornalisti occidentali, una delle tante fra quelle tenute giornalmente dal regime per spiegare i cambiamenti e le aperture concessi in risposta ai movimenti di piazza di quei mesi. Schabowski, portavoce non ufficiale del SED, aveva più volte parlato in presenza degli inviati stranieri e si sentiva ben sicuro di sè. Sosteneva fermamente che per tenere una conferenza stampa di successo fosse sufficiente leggere un comunicato senza fare errori di pronuncia. Ecco perchè, quel 9 novembre del 1989, Schabowski disse di sentirsi perfettamente a proprio agio nel presentarsi con quella velina appena giratagli da Krenz, da poco succeduto al ben più navigato Honecker.
Era tranquillo, Schabowski, sebbene non avesse avuto modo di leggere in anticipo le nuove, temporanee misure in materia di spostamenti. Era tranquillo, Schabowski, nonostante non fosse stato presente alla discussione di quel testo. Era tranquillo, Schabowski, pur se non si era concesso neppure un breve aggiornamento su qulle norme. Tempo non ce n'era, neppure quello di una pausa sigaretta. In fin dei conti, cosa poteva mai andare storto? Si trattava solo di declamare qualche frase senza commettere errori – ricordate? - e di parlare in tedesco. Due cose che avrebbe potuto fare a occhi chiusi.
Quello che non aveva considerato, però, era l'insistenza di quattro giornalisti. Ascoltata la recita della direttiva come da programma, questi quattro reporter iniziarono a fare domande. E domande. E ancora domande. "Perchè diamine gli occidentali fanno tutte queste domande", avrà pensato Schabowski. "Hanno avuto di che scrivere, che scrivano." Invece no. La pressione sale. Schabowski non sa cosa rispondere, si paralizza, improvvisa, può mai fare scena muta? A turno, e a più riprese, in quattro diverse occasioni, Riccardo Ehrman, Peter Brinkmann, Daniel Johnson, Tom Brokaw incalzano Schabowski. Il politico si trova a dover ammettere che sì, non esistono più impedimenti a lasciare la DDR e transitare verso un altro Stato, che liberamente è possibile attraversare i confini. Con effetto immediato. Alle 7.17 l'edizione serale del principale telegiornale della Germania Ovest riporta la notizia: questione di minuti ed è la "breaking news" mondiale.
La notte avanza e con essa centinaia di berlinesi Est. Si dirigono verso i checkpoint del Muro: c'è incredulità, incertezza ma anche una certa elettricità nell'aria, come quando sta per accadere un temporale o un terremoto.
E lo sconquasso è evidente al tenente colonello Harald Jager, guardia di frontiera con l'ordine di sparare a vista contro chiunque tentasse di attraversare le recinzioni. Dalla DDR non arrivano istruzioni sul da farsi. Il comando è muto. La tensione aumenta, la folla diventa incontrollabile e il militare prende l'unica decisione che sembra sensata: aprire i varchi, ed evitare una carneficina. Finisce un'Era. Finisce la Guerra Fredda, finiscono la disperazione, la disumanità, la divisione e rinasce la speranza nel cuore dell'Europa ancora segnata dal conflitto mondiale. Oggi i muri li stiamo ricostruendo, diventando feroci e agguerriti. Vale la pena spendere due parole su quel 9 novembre 1989, perchè siano i moniti della Storia a parlare, a ricordarci i mostri che abbiamo dovuto combattere e quale prezzo – altissimo – è stato già pagato. Perchè solo chi non conosce la Storia è destinato a ripeterla.

Laura Landi