lunedì 18 marzo 2013

Belfastiani all'estero: Radio Varsavia


Sono stata a Varsavia lo scorso luglio. Un viaggio non realmente pianificato, perché nel 2012 Luigi e io avevamo eletto a meta dell'anno Helsinki, la Lapponia e il sole di mezzanotte.
Biglietti presi più per aggiungere un'altra bandierina al nostro nutrito carnet di viaggi che per convinzione.
Oh, quanto ho dovuto ricredermi.


Varsavia mi è entrata nella pelle e non è andata più via. Non so dire se sia bella, nel senso tradizionale del termine. Probabilmente, l'architettura sovietica di cui è imbevuta è ben lontana dall'essere degna di nota ma la poesia della città risiede nella sua storia. Nell'archeologia dei sentimenti che puoi scoprire con una buona guida e una certa dose di pazienza.
Il lato indimenticabile di Varsavia è invisibile, è fatto di ombre, di storie sussurrate e di simboli strazianti. Avere la sensazione di essere costantemente immersi in un passato che ristagna come fumo di fabbrica, perché se è vero che solo poche pietre, talvolta, sono rimaste in piedi, la loro testimonianza, il muto grido di agghiacciante orrore che gridano al cuore del visitatore non può essere ignorato.

Varsavia è stata la città degli ebrei, la città del ghetto, la città delle spie, la città delle bombe, della divisione, delle partenze e della tragedia. Ma anche la città di Chopin, dei teatri, della musica.

Mi addormentavo ogni notte a stento. Impossibile non pensare a tutto ciò che in questo luogo è successo, specie durante la Seconda Guerra Mondiale. Mi sentivo attorniata da volti, occhi e mute richieste di non dimenticare. Io a Varsavia non tornerei – fa troppo male - ma cerco di convincere chiunque ad andarci. Per una volta nella vita, è necessario confrontarsi con il grumo di ricordi che questa città porta con sé, accettandone il dolore, l'impegno nella ricostruzione, la violenza del real-socialismo, la perdita di identità e il ritrovarsi in un'Europa che dovrebbe guardare ad Est più di quanto non sia in grado di fare.

L.

venerdì 8 febbraio 2013

Diventare settentrionali


L'italiano emigrante moderno, qui ne trovate un assaggio, nel suo triste esilio in Nord Europa, può  sviluppare alcune serie patologie, spesso riassunte volgarmente con il nome di comesidiceinitaliano.
In generale, infatti, è caratterizzato da difficoltà nel linguaggio. 
Inoltre, il concetto di spazio e tempo si confondono.  Potrà quindi rispondere a semplici domande con un: "ma qui o lì?", "ma su o giù?", "ma noi o loro?"

Per aiutarvi nell'individuazione della malattia utilizzerò  un approccio scientifico e mi affiderò alle seguenti abbreviazioni da bugiardino:
Anamnesi o Sintomatologia = A
Cura o Posologia = C


A: Bolle scure sulle mucose della bocca.
C: State cominciando a bere tea in maniera continuativa. Il boiler è nato originariamente come strumento di tortura, ma un giorno non potrete fare a meno.
Per proteggervi, ricordate che il tea non è un caffè espresso, osservate gli indigeni e sorseggiate, lentamente, conversando. Quando vi accorgerete di bere tea a ferragosto il peggio sarà ormai passato.

A: Crisi da abbandono e da solitudine. Quando uscite la sera non c'è nulla da fare se non andare al pub.
C: Spostate le lancette dell'orologio di 4/5 ore indietro - avete infatti la fortuna di lavorare "solo" 8 ore al giorno - e rinunciate a tradurre "Aperitivo al Lido".

A: Nonostante gli anni di allenamento non riuscite a bere più di 2/3 birre.
C: Cambiate compagnia.

A: Labirintite, giramenti di testa. Le case di legno vi sembrano traballanti per i vostri standard.
C: Tiratevi su pensando alle zone sismiche.

A: Qualcuno per strada vi ha preso per un polacco.
C: Non c'è nulla che non vada nella vostra acconciatura. Passateci sopra e cominciate a conversare: dopo avervi sentito parlare sicuramente vi catalogheranno come francese o spagnolo.

A: Scrivete gli SMS in perfetto bimbominkia-inglese e il vostro blog si chiama Italians drinking tea.
C: Consultate immediatamente un medico, potreste essere diventati me.

Se poi vi succede di prendere un appuntamento con più di una settimana di anticipo, fissando l'orario con una precisione superiore al quarto d'ora, nessuno vi può aiutare. Prenotate immediatamente una vacanza in Italia e pregate che passi.
Luigi

venerdì 1 febbraio 2013

Reinventando la ruota

Nonostante sia un "software engineer" -non traduco per non incappare in qualche tassa italiana sconosciuta- non mi ritengo un appassionato di tecnologia.
Quando mi viene chiesto se io lo sia, immagino un uomo primitivo accarezzare la propria clava.

Io la clava non la amo, al massimo la uso.

Anzi, trovo molto triste che alcuni annunci di lavoro nell'IT facciano esplicito riferimento alla passione per la tecnologia. Come se aver fatto la fila per comprare l'ultimo gadget possa essere  un valore aggiuto alla propria professionalità.

In generale, ritengo che la tecnologia digitale sia sopravvalutata.
I passi da gigante della produzione industriale degli ultimi 30 anni devono tutto alla letteratura informatica prodotta durante  la seconda guerra mondiale: sto parlando di Alan Turing, per chi lo conosce.
È lui che vi ha cambiato la vita, non i tablet. Ancor meno Steve Jobs, che semplicemente  ve li vende(va) ben confezionati.

Sembra il discorso di uno che rosica. Invece è quello di un "appassionato di scienze", questo sì, che combatte col telefono nuovo perchè per scrivere deve usare il touchscreen.

Comunque non pensate che ce l'ho solo con Steve Jobs. La mia idiosincrasia tecnologica ha radici lontane infatti, ritengo la ruota l'invenzione più sopravvalutata della storia. Molto meglio tronchi e carrucole se non hai ancora inventato la strada. Luigi

venerdì 25 gennaio 2013

IT-Aliens: i migliori siamo noi ma chi xxxxx siete voi

Chi sa cosa avrà capito quando gliel'ho chiesto.
Io poi vado pazza per  i cornetti alla crema.

"A croissant with cream", faccio al cameriere. E lui? mi porta il cornetto con la panna sul lato!
Hai voglia a spiegargli: crema, come quella delle torte. "Cake cream" gli ho perfino detto.
Niente da fare, quando una cosa non la si ha, non la si può capire.

Peccato. In fondo mi dispiace per loro ma non hanno avuto i Romani, c'è quasi da compatirli.

La crema, ah! se non ci fosse bisognerebbe inventarla.
Ora che ci penso, la si potrebbe esportare, chissà perché nessuno ci ha pensato prima.
Come quella volta che in Spagna chiedevo l'aceto e continuavano a portarmi l'olio ... d'altra parte i vini italiani se li sognano.

[Liberamente ispirato a: "Dialoghi tra Italiani a Belfast", di Laura Landi.]

P.s.: Per i linguisti accaniti:

IT: Crema = EN: Custard;
EN: Cream = IT: Panna;
IT: Aceto = ES: Vinagre;
ES: Aceite = IT: Olio.

Sono i cosiddetti "false friends" e non mi riferisco all'interlocutore di cui sopra. Luigi

venerdì 11 gennaio 2013

Cronaca di un dibattito mai nato

Avverto un senso di fine incombente, perciò voglio confessare i miei peccati.
Ieri non ho visto Berlusconi da Santoro.
Ho preferito andare a suonare con i miei amici nordirlandesi, nessuno dei quali a conoscenza dell'immancabile evento.

Per sopportare il senso di colpa ho dato una stretta al cilicio e uno sguardo ai twitter in tempo reale di Laura e ho sperato di salvarmi dalla dannazione eterna del televisore spento.
Oggi però, quale contrappasso e all'insaputa di tutti, ho guardato lo spettacolo in differita. Una sorta di "director's cut" già omogneizzato e digerito dai giornali nazionali.
La trasmissione, immaginata come l'allineamento dei personaggi di una saga norrena, presentava gli attori piu' interessanti:

Lo stregone, legale malvagio: il dominatore Marco Travaglio;
L'elfo, legale buono: il giudice Michele Santoro;
Il nano, caotico neutrale: il cinico Vauro Senesi;
Il gollum, neutrale malvagio: l'opportunista Silvio Berlusconi.

Mi aspettavo, insomma, una battaglia epica, ma si trattava soltanto della televisione italiana: se gli effetti speciali c'erano io non me ne sono neanche accorto! Luigi

martedì 8 gennaio 2013

Belfastiani all'estero: Fiabe del Nord (sul Mediterraneo)

Bastano un pizzico di neve e qualche campanello: benvenuti nell'inverno del Giardino Incantato.


Di ritorno da un viaggio al Nord che non mi ha entusiasmato più di tanto, comincio a soffrire di una strana sindrome nostalgica.

Mi sembra di vedere influenze scandinave dappertutto: nei portachiavi che vende la bancarella all'angolo come nei film d'animazione (Coraline e la porta magica) e pure nelle Luci d'artista che anche quest'anno trasformano Salerno.





Forse è colpa anche dei registi che amo, e dell'attesa per "Lo Hobbit", ma come fare a non credersi davvero a passeggio in un Paese Incantato?

L.