mercoledì 11 novembre 2015

Speaking Music, an Italian Jazz Night

Eravamo indecisi su cosa scrivere e su come farlo.
Ma, in fin dei conti, perché?
forse perché le aspettative sono tante, perché avremo l'onore di suonare con Scott Flanigan e Linley Hamilton, perché vorremmo essere all'altezza del pubblico che verrà a sentirci

ehm... perché vorremmo innanzitutto avercelo, un pubblico.

Quindi, bando alle ciance, fiato alle trombe -è il caso di dirlo- e cominciamo col chiedervi di non prendere impegni per domenica 6 dicembre ore 18.

Grazie al patrocinio dell'Istituto italiano di Cultura di Edimburgo siamo più che felici di invitarvi alla serata "Speaking Music, an Italian Jazz Night", pensata per coniugare musica e poesia in onore della settimana della lingua italiana nel mondo.
Il concerto vedrà la partecipazione del trio composto da: Luigi Cirillo (voce e chitarra), Scott Flanigan (pianoforte), Linley Hamilton (trombe), e si propone di raccontare le tante declinazioni della "lingua più bella del mondo" attraverso la poetica del novecento.

Al termine ci sarà l'occasione per scambiarsi gli auguri, brindare con il console e parlare di un 2016 ricco di nuovi eventi (speriamo).

giovedì 8 ottobre 2015

Nord Irlandesi a raggi x

Un amico nord-irlandese non crede che esista nessuna "cultura" locale. Infatti riesce a distinguere un italiano da un francese o da un tedesco, ma non un nord-irlandese dagli altri.
Per persuaderlo del contrario mi ha chiesto di raccogliere una lista delle caratteristiche psico-fisiche degli abitanti di questo angolo del globo terrestre.
E ha avuto gioco facile: io adoro fare le liste!

Moda: quando sono ancora sobri potreste distinguerli dagli altri nello stesso bar perché sono i peggio vestiti. Ad un ballo di gala si presenteranno con la maglia dell'Ulster Rugby.
Sotto la giacca, ovviamente.

Espressioni linguistiche: Il Nord-Irlanda non avrà una lingua propria ma le caratteristiche fonetiche, lessicali, morfologiche e sintattiche elevano il suo slang al rango di linguaggio.

Relazioni con gli altri: cordiali, generosi ma corporalmente impediti. Non stringono la mano,  il contatto fisico più vicino ad una espressione di affetto e' pugno al volto.  Puoi leggere il panico nei loro occhi quando si ritrovano in un gruppo di Italiani che si salutano con il bacetto!

Temperature percepite: Non hanno mai freddo, al massimo "it's Baltic". I mediterranei che si spostano al nord come prima cosa si comprano un cappotto ma la maggioranza dei nord irlandesi non ce l'ha.

Vita sociale: Quello che in Italia viene definito un alcolista e in canada un "heavy drinker" qui e' una checca.

Abitudini: In autobus piuttosto che mettere la borsa sul sediolino e i piedi a terra, tengono i piedi sulla sedia e le borse sul pavimento.
Una volta avendolo fatto notare ad una ragazza, dopo 10 minuti spesi a trovare altri improbabili altri appigli per i piedi, li ha poggiati finalmente a terra ...sulla borsetta.

Senso dell'umorismo: nero e sardonico. Niente a che vedere con l'umorismo inglese. C'è mancato poco che chiamassero la squadra di hockey sul ghiaccio i "Belfast bombers".
Hanno poi optato per un più politically correct "Belfast Giants", e buttato al vento la possibilità di vincere i match a tavolino con quegli avversari che scambiassero il nome della squadra per una minaccia.

Caro amico, tu non riesci a vedere le peculiarità dei tuoi connazionali semplicemente perché sei uno di loro.
Mi ricordi quella dell'italiano in viaggio in Cina, il quale, chiacchierando con un locale, gli dice:
"Noi non riusciamo a distinguere i cinesi, ci sembrano tutti uguali! Succede lo stesso anche ai cinesi con gli europei?" e lui gli risponde:
"Non lo so. Sono Giapponese".
Luigi

sabato 26 settembre 2015

Rovine metropolitane - Cronache dall'Italia

Questa città ha un'anima vorace. Ti prende, ti stritola, schiaccia, sputa via. Incontro persone mediamente infelici che cercano un disperato modo per fuggire da questa condizione. Tuttavia, tali sono le circostanze di vita italiche per cui qualunque compromesso da accettare qui diventa sopportabile. Almeno c'è un compromesso da dover ingollare.

La gente in metro è immersa nella realtà virtuale degli smartphone come in tutte le metro del mondo ma qualunque espressione facciale è assente, l'empatia si misurerà in "emoticon tanto al chilo, grazie". Sarà la mia particolare condizione di neo madre ma subito ho notato che non si vedono bambini. Nulla è a dimensione umana, figurarsi girare con i piccoli. Non c'è spazio per loro: bisogna correre, correre, correre. Roma è una città sorniona e indifferente. Un piccolo "inferno dei viventi" sovrappopolato di gente con ottime intenzioni ma deluse dalla vita.

Ci si rassegna ad atavici disservizi ma anche al nuovo degrado. L'ipercompetizione metropolitana raggiunge livelli parossistici. E io ne ho visitate di megalopoli! Istanbul è ancora avvolta in un bozzolo che la rende affascinante, esotica; Tokyo, per un occidentale, equivale ad andare sulla luna; Singapore parla cyberpunk e New York mastica cinema e fumo dei tubi di scappamento. Hong Kong ha dimenticato il proprio passato piratesco e coloniale ma non sa inventarsi un futuro; Londra è vapori di te' e alta finanza, teste coronate e gossip. Mentre Roma è bella e indolente come una madama ma crudele come una matrigna.

La vita, qui, ti indurisce o ti rende impermeabile a qualsivoglia emozione. Ti invecchia senza farti diventare saggio. La promessa di un futuro migliore, del lavoro, del poter trovare la propria dimensione svanisce quando ti ritrovi immerso in questo groviglio di strade senza segnaletica, traffico, negozi diventati gusci vuoti, trasporti pubblici in sciopero a giorni alterni. Roma non racconta più la Storia, non costruisce più Colossei e non dipinge Cappelle Sistine. Roma è un gatto di quartiere opportunista che mangia dove capita, ingrassa con gli avanzi e non offre più alcun servigio ai suoi "padroni". Roma è la metafora perfetta della decadenza del Bel Paese, dove il grottesco si eleva a divino e la commedia ha l'amaro in bocca del tempo sprecato.

lunedì 10 agosto 2015

Voglio andare a casa, la casa dov'e'?

Oggi mangio all'aeroporto di Liverpool.
Ci sono diversi ristoranti, ma alla vista delle jacket potato non posso che considerare la mia ricerca terminata con successo. ^_^
Spuds, come le chiamano a Belfast, sono uno dei cibi che mi fanno sentire a casa. Comfort food da ex-pat, ma pur sempre comfort food.
Anche ieri ho avuto la stessa sensazione mangiando spaghetti alle vongole sul 41esimo parallelo.
Allora avevo pensato: roba da italiano, anzi, roba da terrone, ma oggi questa nuova sensazione mi ha spiazzato. Cosa sono mo'?
A quale luogo appartengo?
Forse a nessun luogo, perché i luoghi non ci appartengono e viceversa. Ci raccolgono soltanto. 

E allora le notti di filosofia e parolacce sarebbero state le stesse sotto qualsiasi cielo.

Le analisi politiche da birra e noccioline sarebbero finite negli stessi inspiegabili modi.

E saremmo stati giovani comunque, ovunque.

I luoghi a cui pensiamo sono invece soltanto ricordi.

Casa é una mappa astrale di facce, musica, abbracci, amici e nemici.
É una striscia di Andrea Pazienza senza paesaggio né prospettiva. Una moltitudine di parole e volti scoordinati e fuori cornice, ma con un preciso senso di insieme.
Luigi

giovedì 9 luglio 2015

Altrove, un'altra volta.

Cento, mille addii…
Anzi duecento, duemila addii.
Gli addii sono sempre doppi qui: andata e ritorno. Come i biglietti aerei, che anche quando sai di non tornare conviene comunque comprarli A/R.
Difficile abituarsi, ma se non fosse così non sarebbe un addio.

Tu comunque sei il "frequent flyier" dell’addio e conosci tutti i trucchi del mestiere:
- riconosci sempre la fila più’ veloce,
- non pensi mai all’addio prima che stia accadendo,
- razionalizzi il bagaglio per un controllo rapido e efficiente,
- ti focalizzi sul qui ed ora.

Ciò nonostante finisci sempre col dimenticarti gli spicci nella giacca al metal detector, ed il viaggio diventa piano armonico dell’addio, la volta che amplifica e proietta la solitudine di chi non vuol essere solo.

Almeno non ora, almeno non qui.
Luigi


martedì 7 luglio 2015

La musica fa

Il silenzio prima dell’applauso dura un tempo indefinito.

L'istante in cui la musica finisce, l'arte si materializza, e, diventando compiuta, svanisce. Ma subito dopo, nel limbo, cosa c'è?

In quella "inflatio" prima dell’esplosione, quando la voce é stanca e le mani fanno male...
Non esistono strumenti musicali, c'e' solo il corpo: cervello, cuore e sudore; e la musica, il suo direttore.


Quando é allo stesso tempo troppo presto per tornare a studiare, ma anche troppo tardi.

Perché quando finisce la musica non ha importanza che ti sia piaciuto o no, lei ti ha semplicemente usato, e da attento artigiano sei stato trasformato nella confezione, neanche troppo bella, di un regalo che non é per te.
La musica é un’amante esigente e bugiarda: é una stronza!
Luigi