domenica 25 novembre 2018

Matrimoni e pregiudizi


Che poi il tuo ex si sposa. Prima o poi accade. Magari anche più di uno, considerando i rapporti fluidi post moderni e il fatto che diciamo il fatidico sì sotto i 40 più che sotto i 30. Nel migliore dei casi, te l'ha detto lui/lei. Nel peggiore, lo scopri da Facebook. Gli amici di amici che te lo spiattellano davanti ad una birra non li conto neanche: in quel caso si tratta di una maldestra operazione di gossip volta a carpirti chissà quale segreta reazione.
La realtà è che gli ex non si dovrebbero sposare. Mai. Men che meno avere figli.
E non perchè ce ne importi ancora. Do per scontato che, dopo un tot di anni (ma anche solo mesi) l'hai superata, santo cielo. Io, poi, sono un per un categorico no a qualunque ritorno di fiamma, per (sano) principio. Quindi non è per presunta gelosia, sentimento di possesso e menate varie.
È che proprio dovrebbe essere vietato.
Perchè quando un ex si sposa se ne va una parte della tua giovinezza.
I 20 anni circa che – maledizione - ricordiamo tutti con troppa nostalgia. Un ex che si sposa segna lo scorrere del tempo, e ti fa fare due conti. E ti accorgi che stai invecchiando. Tu, lui/lei, e il mondo intero ma non c'era bisogno di ricordarcelo, grazie.
Quando vedi una sua foto con il pargolo appena venuto al mondo corri a prenotare il lifting, fa niente se magari, di tuo, ne hai già messi al mondo un paio.
Gli ex dovrebbero rimanere giovani per sempre. Così tu, di tanto in tanto, ti puoi rifugiare in un ricordo e fingere. Non di amarvi ancora, ma di essere ancora quella che faceva le tre del mattino e poi andava a seguire i corsi o – meglio – che neanche aveva bisogno di dormire e poteva perfino sostenere la presentazione finale allo Ied o prendere un aereo per Palermo.
Invece ora combatti con insonnia, melatonina e tappi per le orecchie.
Però l'età mi ha insegnato a essere generosa. E molto più sensibile alla felicità altrui di quanto credessi. Allora, secondo me, facciamo finta che esista una deroga speciale per gli ex che si sposano.
Gli auguriamo tutto il bene del mondo, guardiamo una volta le foto pubblicate sui social e poi torniamo a illuderci che non sia successo niente.
Così, ci teniamo un altro po' in bilico sul decennio passato senza affogare in preda al panico in quello futuro. E ci godiamo la nostra vita vera, chè poi saranno i nostri figli a crescere. E a quel punto penso che chiederò a gran voce una legge che vieti di festeggiare i loro, di matrimoni!


venerdì 6 luglio 2018

Perhaps we shouldn't be having this conversation

Pensa a ciò che è stato e ciò che non sarà mai. Pensa a chi rimette tutto in discussione, logoro ma salvo. Pensa a chi racconta, sempre lì a pescare nel dolore, nel dubbio, nell'incertezza, nella nausea.
La felicità non è mai stata la musa di qualcuno.
Per cui, uno certi fantasmi se li coccola. Li evoca, quando sembrano essersene andati. Io ne ho bisogno per scrivere. Per scrivere, io penso a te. Alla distanza tra il te reale e il te dei ricordi. Alla delusione. Alla bellezza che svanisce, a noi che invecchiamo. Alle rughe e ai capelli bianchi. Un brindisi all'essere incompatibili e tacciamo della finzione. Come se non ci fossimo accorti del meccanismo perverso che inneschiamo.
Per scrivere, io penso all'amore perduto. All'amore che neanche sapevo di provare.
Già, mi ero innamorata. Dici: che idiota, davvero non te ne eri accorta? La chiamavo ossessione: giuro, non credevo fosse amore.
Penso ai difetti, che quelli solo ora li vedo. No, forse è vero, era ossessione: l'amore sa e tace, perdona e accetta. Le ossessioni divorano e sono impazienti, urgenti. Fremono di desiderio e si abbattono con rabbia nella vita, frantumandola.
Per scrivere, le fragilità vanno esaltate e la verità va nascosta, perché la verità non è mai stata davvero interessante. Overrated, come direbbe qualcuno.
Il processo creativo è un po' un mostro al quale ti dai in pasto, un dio cannibale al quale ti sacrifichi. Tutto, pur di vivere l'istante ancora e ancora, pur di esistere in uno svolazzo da tastiera. Pur di essere felice, ora.

sabato 23 giugno 2018

About Brexit - Riconoscimento qualificazioni professionali

Alleghiamo di seguito un documento redatto dalla Commissione Europea e riguardante il riconoscimento dei titoli professionali dopo l'uscita dell'Uk dall'Unione. 
Vi ricordiamo che non si tratta di norme o di decisioni definitive, in quanto si tratta di negoziati ancora aperti. Tuttavia può essere interessante prendere visione di quanto messo nero su bianco al 21 giugno 2018.

Equipollenza titoli

About Brexit - informazioni riguardanti la richiesta del "settlement"

Carissimi,

grazie all'evento organizzato stamane dal Consolato Onorario di Belfast, nella persona di Federica Ferrieri, e all'intervento di numerosi altri nostri rappresentanti sul territorio siamo particolarmente fieri di poter fungere da cassa di risonanza per informazioni, documenti e quant'altro riceveremo a partire da adesso.
Luigi e io abbiamo deciso di utilizzare anche il blog per permettervi di leggere e scaricare tali novità, così da poter essere più facilmente trovate e così da raggiungere anche coloro i quali non siano iscritti a Facebook.

Di seguito vi allego il documento ufficiale che il Presidente del Movimento Italiano in Europa (MIE) - lo potrete scaricare al link a piè di pagina. L' Arch. Luigi Billè ci ha invitato a far circolare le attuali informazioni riguardanti la richiesta del "settlement" successivamente all'uscita del Regno Unito dalla Comunità Europea.

Il consiglio per tutti noi è di cercare e conservare qualsiasi documentazione provante la propria residenza stabile, dal momento in cui ci si e' trasferiti.

EU_Settlement_Scheme_SOI_June_2018

giovedì 21 giugno 2018

Treno di notte per...

C'era una volta una ragazza che amava scrivere, specie quando insonne. Tratto dal blog personale, 12 agosto 2009.

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...e a volte, capita di leggere un commento qualunque in un social network qualunque di una ragazza che dovrebbe essere una qualunque e fantastichi su un tono di voce che non conosci per niente, ma che immagini morbido, suadente, chissà poi perchè. Ti incanti a guardare una movenza, un modo di mettere le mani che tu mai hai visto muoversi, ti piacerebbe seguire lo scorrere del tempo e dei pensieri dalle scarpe indossate, dai vestiti, dalle amiche, dalle pettinature. Dai fidanzati. E sia, vi siete solo passate accanto, asimmetricammente inconsapevoli, e vorresti capire se puoi rendere simmetrico ciò che mai lo è stato. Ma senza clamore. Solo che -lo sai- sarebbe impossibile. In realtà ti piacerebbe solo conoscerla di più. Forse, cercare delle risposte sane a domande che hanno fatto ammalare il cuore. Non è una questione di nostalgia, ma di distacco. Di pulizia, ecco.

 "...ogni momento va per conto suo. E c'è altrettanta differenza fra noi e noi stessi che fra noi e gli altri." (M. de M.)

sabato 16 giugno 2018

Che cos'è l'amor

Che cos'è l'amore. Te lo chiedi la prima volta che ti senti confusa, che balbetti quando c'è "lui", che ti ritrovi ad analizzare ogni suo gesto per capire se dietro a una banale gentilezza si possa nascondere un interesse vero. Poi magari è solo un pensiero tenero e sciocco, neanche tu sai bene cosa provi, lui ha 7 anni più di te e ti guarda come ad una bambina, e niente. L'amore allora è un platonico sfarfallio di pensieri che ti fanno capire che sei cresciuta, che ciò che conta è dire sempre di no e indossare gli stessi jeans fino alla nausea.
Per qualche anno almeno.
Poi arriva lui, il ragazzo dai maglioncini celesti e i capelli biondi e un milione di perché senza risposta. E il primo amore non sarebbe potuto essere più romantico, più stereotipato e più dolce-amaro di così. Te ne trascini il ricordo per troppo tempo, e lo sai che era amore, ma quello dei 15 anni, quello che ricorderai solo con affetto a 30, quello degli occhioni da cerbiatto e il cuore ingenuo e felice.
E mentre stai lì ancora a domandarti dove sia finito il tuo angelo ragazzino impari che la via per l'inferno è davvero lastricata di buoni propositi. Amore non direi ma tutto il resto sì e, a 17 anni, basta e avanza.
Che cos'è l'amore?
Te lo chiedi per tanti anni, quando inizi a fare coppia fissa e ti trovi al calduccio in quel posto riparato nel cuore di qualcuno. Quando esci a bere una cosa nei soliti posti che, ora, con lui, ti sembrano interessantissimi come la vita notturna di Parigi.
E l'amore diventa tormento e poi dubbio e forse abitudine, ma non è così che succede? E tu c'avrai 20 anni e una gran confusione in testa e nelle viscere.
Dov'è l'amore?
Capita che l'amore sia lì, contro le piastrelle fredde di una cucina spaiata nella periferia romana. Capita che l'amore sia nei suoi muscoli tesi - "belli come quelli di un dio greco"- nelle vostre parole confuse, nella tempesta perfetta di sguardi, nel gioco affascinante di corpi e bocche che si allontanano quanto più vorrebbero intrecciarsi.
Che cos'è l'amore?
Succede che l'amore ti prende alla sprovvista, quando non lo cerchi e non lo aspetti. Capita per caso, con un messaggio e un congiuntivo azzeccati; si annuncia con un bacio appena accennato e una chiacchierata fino all'alba in auto sotto casa.
Succede che l'amore diventa una promessa, e poi giorni e poi mesi e poi anni, e poi esplode e si rimescola e poi succede che non lo sai più cos'è l'amore. Perché l'amore è ciò che è stato e ciò che è. È ciò che hai vissuto e ciò che deve venire. Perché l'amore è equilibrio e vertigine e capita che ci cammini, su quel filo teso tra te e un'altra vita, ma non ti fai più domande. Perché hai imparato che l'amore è amare e non amare; è potenza e atto; è dubbio, è muscoli, è tensione, è tenerezza, è mattonelle fredde e letti vuoti, è Parigi e Salerno, è il c'era una volta ed il vissero felici e contenti. Per sempre.

venerdì 15 giugno 2018

Mai come ieri (omaggio al passato)

E comunque, certi ricordi vanno lasciati dove sono.
Certe persone non vanno incontrate di nuovo, certi baci non vanno ridati, certi sguardi non vanno ricambiati. E non per pudore, ma perchè si rischia troppo. Si rischia di spezzare l'antico incanto, si rischia di rovinare la magia della memoria.
Lasciate che i ricordi siano tali.
Lasciate che i ricordi non vengano contaminati dal presente.
Lasciate che nessuna probabile, possibile delusione possa scalfire ciò che un tempo ha inebriato.
E' infatti raro poter rivivere anche solo per un attimo quell'antico luccichio e, probabilmente, è meglio l'incertezza alla delusione.
Meglio il dubbio, a qualunque sicurezza.
Meglio il mito, della storia.
Meglio non corrompere ciò che già fu corrotto, perchè un peccato di cui si può serbare il ricordo è ben più lascivo di qualsiasi contemporanea rievocazione.

venerdì 25 maggio 2018

Cazza la randa


Alle superiori io e il mio compagno di banco ci divertivamo a scrivere sonetti - tranquilli, ci facevamo pure le canne - per lo più canzonatori.
Aspiravamo a diventare i Teofilo Folengo del XXI secolo.
Nonostante il progetto giovanile sia chiaramente fallito, da qualche tempo mi diletto nuovamente a comporre in rima, ma senza canne.
Questa qui è perfetta per il blog: la tristissima storia di chi si trasferisce all'estero  (#nonchiamatemiemigrante), in 3 lingue.
Per chi non conoscesse l'hashtag, bastano i primi 10 secondi di questo video: https://www.youtube.com/watch?v=E75fjbTHEOA&start=15


(Napulitane)
Nu marinaro senza na bannera,
che nun po scennere a nisciuno puorto.
Si scenn va ‘mbriaco truculianno,
senza capí maje addò ’o port a sciorta.

Accussí chi luntano se n’è gghiuto
a nu paese che nun era ‘o suoje,
nun tene lengua, nun tene bandiere.
Canosce ‘o tiempo, specialmente… “ajere”.

A terra soja mo s’aiza e acala,
s’infizz ‘int ‘e pertuse e a copp’ e scale
zompa. T’allaga na cistern’ e ancora
mporpa ‘o lignamm e scass pure ‘o ffierr.

Si vaje pe mmare ‘o saje ca tanta vote
Da quacche parte t’hê ferma’ pe forza
e capita che gente ne canusce
ma nu vo dice’ ch’a pierde sta scorza.

Vulisse salutà ma t’hê scurdat
“se dice bonne soire o buona sera?”
e pure va a ferní c’a lengua a ‘ncarr,
ma chi te sta a sentì fa ‘a faccia nera.

È jiuta comm è jiuta, penso sempe
e a luntananza te fa ll’uocchie buone,
capisce tanta cose overamente,
ma vale a pena po’a tenè ragione?

(Italiano)
Un marinaio senza una bandiera,
Che non può fermarsi in nessun porto.
Se scende va ubriaco traballando,
Senza capire dove lo condurrà la sorte.

Cosí chi se ne è andato lontano
In un paese che non era il proprio,
Non ha lingua e non ha bandiere.
Conosce il tempo, specialmente… “ieri”

La sua terra adesso: si alza e si abbassa,
Si infila nei buchi e salta giù dale scale.
Allaga una cisterna e infine
Impregna il legno e spezza anche il ferro.

Se vai per mare sai che molto spesso
In qualche posto devi fermarti per forza
E succede che conosci molta gente
Ma non vuol dire che perdi questa scorza.

Vorresti salutare ma l’hai scordato.
“Si dice buonne soire o buona sera?”
e talvolta va a finire che la lingua la indovini
ma chi ti ascolta si fa scuro in volto.

È andata com’è andata, penso sempre
E la lontananza ti migliora la vista,
Capisci davvero tante cose,
Ma vale la pena poi avere ragione?

(English)
A sailor without a flag,
That can not stop in any port.
If he goes down he goes drunk shuddering,
Not realizing where the fate will lead him.

So who has moved far away
In a country that was not his own,
has no language and has no flags.
He knows the time, especially ... "yesterday"

His homeland now gets up and down,
It lurks into the holes and jumps down the stairs.
Floods a tank and finally
Soaks the wood and breaks iron.

If you go by sea you know that very often
Somewhere you have to stop necessarely
And it happens that you know a lot of people
But it does not mean you lose your peel.

You would like to say hello but you have forgotten.
"Are you saying bonne soire or buona notte?"
And sometimes it turns out that the language is right
But whoever listens to you darkens in anger.

It is what it is, I always think
And the distance improves your sight,
You really understand so many things,
But is it worthwhile to be right?
Luigi

venerdì 13 aprile 2018

Matrimonio all'italiana

Dici matrimonio ma, a meno che non sia il tuo, non dovresti cominciare a pensarci con mesi di anticipo. Il fatto è che a me i matrimoni piacciono, ma proprio tanto. Naturalmente, quelli di un amico hanno una marcia in più. La maggior parte delle persone -suvvia, si può confessare- quando riceve una partecipazione ha più o meno una reazione che si condensa in un "che noia!", solo più colorita.
Io no. Non di solito, almeno. Io comincio a mettere in moto la mia personale macchina del "cosa mi metto, cosa riciclo, e le scarpe?" con gran soddisfazione, eh. Ovviamente so che devo trattenermi dal fare shopping e aspettare l'ultimo paio di mesi; so bene che NO, NON SONO LA SPOSA, e a nessuno realmente interesserà come sono vestita, ok, ho capito, la parrucchiera non può aprire il negozio solo per me la domenica mattina (ah, no?). Non mi tocca neanche la truccatrice a casa, che ci vuoi fare.
Ma io amo lo stesso il dolce trambusto di un matrimonio. L'idea di una giornata diversa, ricca di cibo, musica, vino, chiacchiere, gente che non conosci, gente che dovresti conoscere, gente che è meglio far finta di non conoscere, gente che nemmeno ricordi di conoscere...
I matrimoni son belli. Io, tipo, non vedo l'ora che si sposi uno dei miei cugini o qualche amico qui, che ho a portata di mano, perchè allora ci si metterà a parlare di ricevimenti, menu, confetti e testimoni.
Tra qualche giorno parteciperò ad un matrimonio in Italia. Naturalmente sono in ansia come tutte le volte che torno dai miei, con l'aggiunta che stavolta me la dovrò cavare da sola. Difatti, recito la parte  dell'invitata single -  il che si traduce in guidare - e possibilmente arrivare - al (remoto) luogo prestabilito fidandomi solo del navigatore e non del cavaliere.
Però l'ansia non può rovinare l'idea che sarà un giorno speciale. Sarà bello vedere la mia cara amica che si sposa. Sarà bello tornare ancora una volta in un luogo in cui ho vissuto tanti importanti momenti della mia vita da universitaria, sarà bello rivedere vecchi amici e conoscenti festeggiare una "nuova" coppia. Sarà bello ricordare le ragazze che eravamo. Non c'è bisogno di farlo a parole, a me basta uno sguardo. Sarà bello pensare che, a dispetto dei tanti anni trascorsi, delle situazioni complicate vissute, della distanza, lei c'è stata per me e io ci sarò per lei, in questo giorno speciale.
L'unico rimpianto è che mi sarebbe piaciuto poter essere più partecipe, e così non può essere.
Mi rifaccio pensando che, anche se la quotidianità ci è negata, l'affetto è immutato.

Questo matrimonio mi ha convinta, casomai ce ne fosse bisogno, che prima o poi mi risposo pure io. Con lo stesso marito, vabbene, ma siete avvisati: se temete di ricevere un invito, meglio dirlo ora!

domenica 4 febbraio 2018

L'alcol e la nostalgia (di Mathias Énard)

C'è un un titolo altamente evocativo; c'è una donna fatale -non nel senso classico del termine, quanto letterale- c'è un Paese straniero esotico, avvolto in riti e paesaggi senza tempo. C'è un triangolo amoroso -ma anche qui, con sviluppi niente affatto scontati-  c'è l'inverno russo, quello che doma e che non può essere domato. C'è un po' Checov e un po' Bukowski.
E c'è un treno, IL treno per eccellenza, quella Transiberiana che da Mosca arriva a Novosibirsk, a fare da sfondo al flusso di coscienza del protagonista, per il quale i ricordi diventano grammi di vodka da bere d'un fiato in memoria dell'amico morto.
Amico o rivale? I confini di questo rapporto sono sfumati: ma basta il suo solo nome, pronunciato in un sussurro telefonico alle tre del mattino da quella che è la sua (ex?) fidanzata, a fargli prendere un volo da Parigi e tornare a Mosca, "la città dei mille campanili e delle mille e tre torri".
Rievocare un'amicizia non è mai facile: unirci il rimpianto per essere andati via, un amore troppo grande per essere contenuto nell'illusione della monogamia e la rivalità che si nutre di un ancestrale concetto di virilità può renderlo addirittura insopportabile.
Ciascuno dei tre protagnisti si anestetizza come può e come sa: la droga diventa quasi il mezzo per tessere un legame che da lucidi spezzerebbe il cuore e corromperebbe la ragione. Di certo, fa saltare i paletti del noto e del giusto, fa fare a pugni e fa mangiare "funghi e schifezze con panna acida" in piena notte.

L'alcol e la nostalgia è un libro che si legge d'un fiato, complici le 71 pagine. Una brevità densa, in cui il finale importa poco. Come nei migliori viaggi, il senso è nel viaggiare stesso, nel percorso, nella fila di parole in cui ci sono pochissimi punti e tantissime, troppe virgole a dettare il ritmo dei pensieri di Mathias.
Jeanne fa pensare ad una certa Marla, ma non c'è bisogno di essere insonni o di tentare il suicidio per attirare l'attenzione o inventarsi un io diverso: bastano l'amore per la letteratura, la fragilità delle controparti maschili, il non detto che diventa l'àncora dei ricordi scolpiti nel ghiaccio dell'inverno russo.

Non è un libro per tutti, non è un libro facile ma è un libro poetico, suggestivo, seducente: ottimi ingredienti per una lettura che è destinata a lasciare il segno.