venerdì 6 dicembre 2019

Vanità e delirio a Jerusalem

Sting lo conoscete tutti, vero? Io però solo un annetto fa ho scoperto "Mad about you" e la storia che racconta. Ora, con tutto il rispetto per Sting - che è bravo, che è un gran figo - io non credo che il perno della faccenda sia l'amore folle di re Davide per Bathsheba. È la storia di un grave peccato sì, laddove però il peccato non è la lussuria ma l'abuso di potere. L'esercizio della propria potenza senza tener conto delle conseguenze nelle vite degli altri, per il puro, edonistico piacere di considerarsi superiori a tutti.

Vi racconto la vicenda e vedrete che sarete d'accordo.

I protagonisti son tre: re Davide, Urìa e la di lui moglie Bathsheba.
Tre caratterizzazioni: un monarca vanitoso, un capitano fedele e una donna colpevole di essere bellissima.

Re Davide è nel suo palazzo, non riesce a dormire e passeggia lungo le terrazze nella speranza di conciliare il sonno.
Una guerra infuria alle porte del regno ma lui non è con i suoi uomini. Non esattamente quello che ci si aspetterebbe da un comandante ma tant'è.

Insomma, re Davide passeggia e ammazza il tempo finchè non gli capita di mettere gli occhi su Bathsheba che, inconsapevole, sta facendo il bagno nel cortile di casa propria. Il marito non c'è: è in guerra per conto del re.
Re che non perde un attimo di troppo e manda subito un messaggero a ordinare a Bathsheba di vestirsi come una regina e raggiungerlo nelle sue stanze. Re Davide aveva già nove mogli, non aveva certo bisogno di Bathsheba. Lei è un capriccio, una voglia, un sì che non può diventare no. Il resto è di contorno all'immensa vanità del sovrano.
Io la immagino, Bathsheba, con la sensibilità di una donna moderna ma nei panni di una una di 30 secoli fa. Le verrebbe voglia di mandarlo al diavolo, oh sì. Specie quando, dopo aver fatto i suoi comodi con lei, la rimanda a casa carica di doni.

"Per chi mi avrà preso – avrà pensato Bathsheba – come tutti gli uomini ritiene di potermi comprare, il mio corpo e il mio silenzio. Ecco la considerazione che ha di me."

Bathsheba è poco più di un'ombra: non è una donna volitiva, tuttavia non ci sentiamo di condannarla come moglie infedele. Esegue un ordine del re, come ne avrebbe eseguito uno del marito. Non sente di aver scelta.
E qui torniamo a Davide: si deve attingere a davvero grandi doti, per aver sedotto chi non poteva rifiutare. Ma vabbè. La Bibbia non è Dan Savage, quindi saltiamo pure le connotazioni di ordine sentimentale, la parte sul consenso e via discorrendo.

Pensavate il fattaccio fosse questo? Vi sbagliate.
Succede che Bathsheba resti incinta. Re Davide deve trovare una soluzione veloce per salvare la faccia e l'onore. Allora fa richiamare in permesso premio il fido Urìa, lo rifocilla di tutto punto e, sperando di potergli attribuire poi la paternità del nascituro, gli ordina di passare la notte con la moglie - chè se l'è meritato, bravo il suo soldato.

Solo che Urìa non ci sta: non se la sente di lasciare i servi, non se la sente di abbandonare i commilitoni, preferisce dormire con loro invece di godere delle grazie della sua sposa.
Il piano del re va a monte per la troppa lealtà di quest'uomo. Uno che viene descritto come un militare tutto di un pezzo, onore e mostrine, uno che si permette di dissentire guardando il sovrano dritto negli occhi, non come un subalterno ma da pari.Che misera figura per re Davide, nonostante sia un tiranno che possa fare e disfare a suo piacimento: l'onda si infrange contro lo scoglio, la dignità oscura la forza.

Potrebbe prendersi le sue responsabilità, il re, tuttavia non credo che sia un epilogo contemplato dalle Scritture di 3000 anni fa. Se siete dell'umore adatto, a questo punto potete partire con l'ascolto compulsivo di Sting e accorgervi della cantonata che ha preso. Davide non è innamorato perso di Bathsheba. Qui non c'è il tormento, lo struggimento, un sentimento contrastato. Qui c'è l'esercizio più feroce del potere. Il re può tutto, quindi abusa della propria posizione per far sua la donna di un altro. Il re è padrone quindi decide di rimandare Urìa in guerra, con una missiva per il suo generale: fare in modo che il capitano sia posizionato nella mischia così da morire in battaglia. Urìa cadrà vittima di un'imboscata del nemico, trafitto da 100 spade. Re Davide sposerà Bathsheba e legittimerà il figlio, sebbene per castigo divino il neonato si ammalerà e morirà. Il secondo figlio della coppia diventerà invece il preferito del padre e uno dei più famosi re di tutti i tempi, Salomone.

venerdì 8 novembre 2019

"Another Brick In the Wall"

Trent'anni fa cadeva il Muro. Trent'anni fa quattro giornalisti, un funzionario e un tenente colonnello hanno fatto, più o meno consapevolmente, la Storia. Di racconti sul muro di Berlino ce ne sono a bizzeffe. Fuggitivi, spie, prigionieri, diplomatici, militari, gente comune: c'è solo l'imbarazzo della scelta. Storie a lieto fine, storie di morte, storie struggenti. Una su tutte, però, mi ha sempre colpito. La storia del crollo. É la mia preferita perchè mostra come, in specifiche circostanze, un singolo uomo – e il susseguirsi di pure fatalità – possano avere un impatto deflagrante. Siamo a Berlino Est, 9 novembre 1989. Conferenza stampa con i giornalisti occidentali, una delle tante fra quelle tenute giornalmente dal regime per spiegare i cambiamenti e le aperture concessi in risposta ai movimenti di piazza di quei mesi. Schabowski, portavoce non ufficiale del SED, aveva più volte parlato in presenza degli inviati stranieri e si sentiva ben sicuro di sè. Sosteneva fermamente che per tenere una conferenza stampa di successo fosse sufficiente leggere un comunicato senza fare errori di pronuncia. Ecco perchè, quel 9 novembre del 1989, Schabowski disse di sentirsi perfettamente a proprio agio nel presentarsi con quella velina appena giratagli da Krenz, da poco succeduto al ben più navigato Honecker.
Era tranquillo, Schabowski, sebbene non avesse avuto modo di leggere in anticipo le nuove, temporanee misure in materia di spostamenti. Era tranquillo, Schabowski, nonostante non fosse stato presente alla discussione di quel testo. Era tranquillo, Schabowski, pur se non si era concesso neppure un breve aggiornamento su qulle norme. Tempo non ce n'era, neppure quello di una pausa sigaretta. In fin dei conti, cosa poteva mai andare storto? Si trattava solo di declamare qualche frase senza commettere errori – ricordate? - e di parlare in tedesco. Due cose che avrebbe potuto fare a occhi chiusi.
Quello che non aveva considerato, però, era l'insistenza di quattro giornalisti. Ascoltata la recita della direttiva come da programma, questi quattro reporter iniziarono a fare domande. E domande. E ancora domande. "Perchè diamine gli occidentali fanno tutte queste domande", avrà pensato Schabowski. "Hanno avuto di che scrivere, che scrivano." Invece no. La pressione sale. Schabowski non sa cosa rispondere, si paralizza, improvvisa, può mai fare scena muta? A turno, e a più riprese, in quattro diverse occasioni, Riccardo Ehrman, Peter Brinkmann, Daniel Johnson, Tom Brokaw incalzano Schabowski. Il politico si trova a dover ammettere che sì, non esistono più impedimenti a lasciare la DDR e transitare verso un altro Stato, che liberamente è possibile attraversare i confini. Con effetto immediato. Alle 7.17 l'edizione serale del principale telegiornale della Germania Ovest riporta la notizia: questione di minuti ed è la "breaking news" mondiale.
La notte avanza e con essa centinaia di berlinesi Est. Si dirigono verso i checkpoint del Muro: c'è incredulità, incertezza ma anche una certa elettricità nell'aria, come quando sta per accadere un temporale o un terremoto.
E lo sconquasso è evidente al tenente colonello Harald Jager, guardia di frontiera con l'ordine di sparare a vista contro chiunque tentasse di attraversare le recinzioni. Dalla DDR non arrivano istruzioni sul da farsi. Il comando è muto. La tensione aumenta, la folla diventa incontrollabile e il militare prende l'unica decisione che sembra sensata: aprire i varchi, ed evitare una carneficina. Finisce un'Era. Finisce la Guerra Fredda, finiscono la disperazione, la disumanità, la divisione e rinasce la speranza nel cuore dell'Europa ancora segnata dal conflitto mondiale. Oggi i muri li stiamo ricostruendo, diventando feroci e agguerriti. Vale la pena spendere due parole su quel 9 novembre 1989, perchè siano i moniti della Storia a parlare, a ricordarci i mostri che abbiamo dovuto combattere e quale prezzo – altissimo – è stato già pagato. Perchè solo chi non conosce la Storia è destinato a ripeterla.

Laura Landi

martedì 15 ottobre 2019

Once Upon a Time in America

Qualche tempo fa ho guidato per un paio d'ore e così mi son tornati in mente i viaggi in auto per gli Stati Uniti e il Canada. East Coast, Golfo del Messico, Sud e Nord. Stanotte ho perfino sognato il Cracker Barrel, fate un po' voi. Gli USA mi mancano. Amati e odiati, ma più amati che odiati. Vabbene, è bastato viverci tre mesi per mettere su 7 chili, però la magnificenza di certi spazi sconfinati me la porto nel cuore. I colori del foliage nel New Jersey e nel Maine, Halloween a Salem, gli addobbi natalizi di NY, il Carnevale a New Orleans, il Vermont ricoperto di neve, l'Alabama tempestosa, Miami e la sua luna gigante e tantissimo altro: non c'è un singolo luogo o momento che non ricordi con stupore. Le porzioni giganti di cibo, i ristoranti a tema, il messicano di Waltham ché ci prendevi una porzione di enchilladas e ci mangiavi per tre giorni - colazione inclusa - : tutto, tutto parla la lingua della saudade. Le foreste del Massachusetts sono il mio rifugio mentale tanto insolito quanto efficace. Non vedo l'ora di tornare negli Stati Uniti con Nadia. In realtà, ciò che più conta per me è trasmetterle l'amore per i viaggi. Tutti i luoghi che ho visitato mi son rimasti nel cuore e talvolta non necessariamente i più esotici si son rivelati essere i più affascinanti. C'è un profondo incanto, ad esempio, nelle foreste di conifere scandinave o nel sole di mezzanotte in Lapponia. Pensavo: sopporterò il freddo e porterò anche lei in visita al villaggio di Babbo Natale. Poi, succede che ti capita in dotazione quella bambina che non vuole sentire parlare di Santa Klaus manco per sbaglio: i regali, a lei, li consegna solo la Befana. Ed ecco che ti sovviene Woody Allen, o forse era John Lennon. Insomma, la vita è quello che ti succede mentre fai altri progetti. Di viaggio o di vita.

martedì 1 ottobre 2019

Suonala ancora, Sam.

Mia figlia va a letto in un orario compreso tra le 19 e le 19:30. È estremamente abitudinaria. Tutto ciò che la rende una bambina "facile" la rende tuttavia anche una viaggiatrice "difficile". Però io ho proprio voglia di vedere posti nuovi. Quindi ho deciso di approfittare di qualche vacanza scolastica per organizzare un viaggetto. Il mio cuore era a Capoverde ma il portafogli non ha voluto seguirlo. Volevo il sole a febbraio, ho optato per la Pasqua esotica. I voli per Marrakech non erano troppo strampalati, né troppo costosi; i giorni di ferie giusti, i resort sembravano economici. Pensavo di aver trovato la quadratura del cerchio. Però, c'è un però. Ricordate a che ora va a dormire Nadia? Ecco. Non è che io e GG possiamo rimanere confinati in una piccola doppia a girarci i pollici dalle 7:30 di sera. Quindi abbiamo bisogno di: a) due camere da letto o b) una camera e un soggiorno separati o c) una duplex o d) qualsiasi variazione sul tema. Già così non è facile: scarto via il 90% delle sistemazioni, è ormai scientifico. Chi poteva immaginare che a Marrakech si sarebbe aggiunta la difficoltà +10. I Riad, le suite, il cavolo che vi pare non importa quanto costi non hanno porte interne. Se sei fortunato c'è a malapena quella del bagno. Ero sconfortata. Poi, il miracolo. Ho prenotato una maisonette. Avrò visto 100 hotel, ne ho trovato uno. Uno. GG dice che se non fosse per il mio indomito entusiasmo, lui le vacanze le farebbe solo a Praia a mare, forse. Dubito che rimarrebbe della stessa opinione dopo aver iniziato a fare i conti con la Salerno-Reggio, ma vabbè. Ad ogni modo: Marocco, arriviamo!

PS. Prima che qualche purista si lamenti, il titolo è solo una semicitazione.. non esatta!

venerdì 20 settembre 2019

L'ultimo dei romantici


Il mio parrucchiere belfastese è un gran chiacchierone. Ama spettegolare ma poichè è troppo ben educato per farlo degli altri, tutto il gossip è incentrato su di sè. Appena mi siedo sulla poltroncina girevole mi accoglie con un: "Tesoro, ma te l'ho raccontata poi, l'ultima novità?". No, non l'hai fatto.
Ce n'è sempre una, non importa se vado a fare la piega ogni settimana o non mi faccio viva per due mesi.
A quel punto partono i suoi monologhi: monologhi perchè io son troppo concentrata a dare un senso ai suoni che escono dalla sua bocca per avere anche il tempo di formulare uno straccio di domanda in inglese compiuto. Mi limito ad esclamazioni stupite qui e lì. Sono l'ascoltatrice perfetta.
Ieri era particolarmente in vena e mi ha deliziato con maggiori dettagli del solito.
D'altra parte, è appena tornato con il suo ex. Devo ammetterlo, una storia estremamente romantica.
Erano stati insieme per due anni, si son lasciati e per altri sei nisba! Nessun contatto, nessun incontro, nessuna chiacchiera tra amici comuni, nulla di nulla. Certo, ha aiutato il fatto che il tizio non sia sui social media ma capite, questi due bei figliuoli vivono nel piccolo Nord Irlanda, non nell'immenso Brasile, e la cosa sa di straordinario. Io, impegnandomi con alacrità, ed evitando accuratamente amicizie pericolose virtuali, detengo il limite massimo di 5 anni e mezzo senza contatti fortuiti con ex. Mi battono a mani basse, dato che loro hanno semplicemente fatto click sul cellulare, cancellato i numeri e chi si è visto si è visto. Fortunelli.
Torniamo a noi. Anzi, a loro.
La storia è questa. Il mio parrucchiere sogna l'ex, lo stalkera su Google, scopre che entrambi i genitori son morti, decide di mandargli una lettera. Cartacea, scritta a mano. Convinto che non avrebbe ricevuto risposta. Pochi giorni dopo squilla il telefono, numero sconosciuto. E' lui. Giacchè il mio parrucchiere è paranoico – dettaglio non trascurabile - inventa su due piedi una serie di indovinelli a cui solo L'Uomo-della-sua-vita saprebbe rispondere correttamente. La prova è superata. Decidono di interagire via FaceTime per un paio di settimane, poi si rivedono di persona, passano la notte insieme (i particolari mi son stati risparmiati, davvero strano), il mattino seguente inizia con una dolce colazione a letto e con la piega alla sottoscritta.
Ho raccontato spezzoni di questa storia alle amiche e al marito in tempo reale, mi è stato detto che poteva essere uno spunto carino per il blog.
Ora, al di là del fatto che io ho fatto molto ma molto ma molto di peggio per convincere un mio ex a tornare con me (grazie A. di non aver mai chiamato la polizia e di non avermi fatto interdire) va detto che l'audacia dovrebbe essere sempre premiata, possibilmente con un lieto fine.
In genere non sono una fan delle minestre riscaldate ma – guys – sei anni son una vita intera: potrebbe anche funzionare. Per quanto mi riguarda, manco tra 60, di anni, con nessuno dei miei ex. Ma è perchè sono di buon cuore: lo faccio per loro, prima ancora che per me.
Conosco coppie che si son lasciate e poi riprese e poi mollate in malo modo, non ne conosco ancora che abbiano fatto una fine felice, quindi attendo gli sviluppi dei prossimi mesi con particolar interesse.

mercoledì 21 agosto 2019

Alla ricerca del rompicapo perduto


Dunque, io mi fisso su delle robe. Talvolta son personaggi inventati (leggi Thomas Shelby), talvolta son autori (al momento la mia mania è Dan Savage, se non ve ne foste accorti), talvolta son film, canzoni, libri, scritti di giornali (tipo, la rubrica "La prima cosa bella") e via discorrendo.
Una volta, i miei neuroni si son incaponiti su un rompicapo, il pentominoes. Una matrioska di fissazioni, tanto che vale la pena smontare e mostrare la bambolina pezzo a pezzo.

La storia inizia circa 16 anni fa – non me ne vogliate, ma la data esatta è persa per sempre – e inizia in un luogo nel quale son iniziate un sacco di altre storie: l'Alta Irpinia. Cosa ci facessi in "vacanza" in un paese del quale neppure sapevo il nome, con persone per lo più sconosciute, a fine estate vestita leggera leggera a morire di freddo è uno dei misteri che non ci accingeremo a risolvere in questa sede.
Fatto sta che mi trovavo in quello che avrebbe potuto somigliare ad un bar-cornetteria, ma che era più un'accozzaglia di sedie, tavoli minuscoli e drink analcolici e nel quale si cercava un modo per tirar tardi perchè a 20 anni mica puoi andare a letto come le persone normali? Certo che no: se non saluti l'alba ogni week end non hai vissuto abbastanza.

Ad un certo punto LO scopro: no, non il figo del paese. Il rompicapo. Pare sia stata un'epifania, giacchè risolvere il puzzle diventò la missione della serata. Niente da fare. Finì che il proprietario del presunto bar-cornetteria buttò fuori l'improvvisata comitiva prima che io, o chiunque altro, potesse riuscirci. E dire che mi ci ero giocata una cena. E dire che se avessi avuto la famosa bussola di Captain Sparrow avrebbe puntato dritto al mio sfidante: ciò che più desideravo al mondo, in quel momento, era che finisse quel maledetto tetris, intrappolasse anche me all'angolo e mi portasse lontano dalle mie ossessioni compulsive sull'amore.

Si tratta di un passaggio fondamentale questo. Già, perchè nella concitazione del momento – studia una strategia, gira i pezzi, flirta, punta e rilancia - dimenticai di chiedere come si chiamasse quell'arnese infernale. Non c'era Google Lens, non avevo uno smartphone con me e quindi non avevo la benchè minima idea di come fare a procurarmene uno, perchè cavoli: io dovevo riuscire a fare incastrare i pezzi in quel quadrato di gioco, era diventata una questione d'onore, ormai.

Ricordo di aver trascorso i successivi mesi a cercare una pista qualsiasi per scoprire il nome dell'oggetto misterioso, a cercarlo nei negozi, a casa della gente, nelle ludoteche, ovunque. Ragazzi, senza gli aiutini della contemporaneità anche risalire al nome di un gioco da tavolo era un'impresa complessa. Ma le mie fissazioni non si esauriscono nell'arco di una manciata di settimane. Ho una costanza e una testardaggine che possono durare anni. E così, circa 14 o 15 mesi dopo, credo mi trovassi in Costa Azzurra o a Parigi – posti più consoni ad una vacanza - fui premiata. E trovai il pentominoes, questo il nome dell'oggetto misterioso. Lo comprai alla FNAC, insieme ad un libro della Satrapi, altro grande amore dell'epoca.

Da allora, non ho mai smesso di giocarci. Ho imparato a trovare la soluzione per il livello principianti e per quello avanzato. L'ho portato con me nei vari traslochi, di Paese in Paese. Qualche giorno fa, l'ho proposto a Nadia, sicura che si sarebbe annoiata subito. Invece no. Si è impegnata tantissimo e, con una concentrazione straordinaria per una quattrenne, l'ha risolto in 25 minuti. 25 minuti. Senza aiuto alcuno. Benvenuta nel club degli ostinati, figlia mia!


"È utile avere un’ossessione: ci distrae."
(Joan Fuster)

giovedì 18 luglio 2019

Dell'odio, e altri demoni

Sono in fase pre-ciclo e, come le donne sanno, facile al nervosismo. Ho quindi deciso di sfruttare la cosa e fare un elenco semiserio di tutto cio’ che mi infastidisce su questi maledetti social network.

In pole position: I vari post delle varie pagine variamente nostalgici. Quelli su come eravamo sognatori noi degli anni ’90, felici noi degli anni ’80, liberi noi degli anni ’70, poveri ma belli noi degli anni ’60 e potrei continuare per ore. Vi do una notizia sconvolgente: non eravate niente di tutto questo. Eravate solo giovani. E essere giovani e’ IL plus per eccellenza. Tutti rimpiangono la gioventu’, per definizione. Fateci il favore di smetterla co ‘ste panzane su “noi che facevamo gli squilletti col cellulare si’ che sapevamo stare al mondo.” Eravate (eravamo) teenager squattrinati. Creativi, ma squattrinati. E teenager. E gia’ vi ho spiegato sopra. Odio dovermi ripetere.

Al secondo posto, di misura: I commenti idioti. La mia personalissima definizione di idiota e’: analfabeta funzionale galoppante che pretende di discettare di qualunque tema – dalla politica allo sbarco su Marte - mostrando evidenze confuse e prive di alcun senso logico. Riesco a tollerare (malamente) il complottismo, i fanatismi religiosi, gli ultra’ di qualunque genere solo a patto che lo scritto sia in perfetto italiano. No, non corretto: perfetto. Tirate voi le conclusioni.

Al terzo posto: I consigli per le mamme, dalle mamme, con le mamme. Talvolta, e sottolineo talvolta, le domande possono anche apparire intelligenti. Le risposte son il vero problema. Iniziano i: “dormi ora che poi non lo farai piu’”; “essere mamme e’ la cosa piu’ bella del mondo”; “il pediatra mi ha dato lo schema svezzamento (con brodino e farine, roba di 30 anni fa) voi come lo preparate il brodo vegetale? Lo so, sono fuori tema ma ho paura che Petronilla muoia di fame prima di rievocare la mia bisnonna per un consiglio” e amenita’ simili. Signori e signore: ho una figlia anche io. E sono rimasta sana di mente. Vi prego di non usare i vostri come scusa per il vuoto cosmico che vi occupa lo spazio tra le orecchie. Grazie mille.

Voi direte: ma perche’ leggi questa roba? Avete ragione. In parte, mi capitano sotto gli occhi, in parte e’ deformazione professionale (pare mi occupi di comunicazione, ma non ditelo al mio capo), in parte e’ puro masochismo. Lo ammetto. Sono masochista. Probabilmente sarebbe meglio smetterla e convincere mio marito a intraprendere un piu’ sano bdsm ma nel frattempo faccio pace con il mondo solo leggendo Dan Savage. Ve lo consiglio. Se vi riesce, in inglese e’ ancora meglio ma Matteo Colombo lo traduce meravigliosamente bene su Internazionale.

P.S. perdonatemi gli accenti strani ma scrivo su una tastiera britannica e ho zero voglia di cercare i caratteri speciali. Facciamo a capirci, suvvia. Vi lovvo, tutti.

P.P.S. il titolo è una semi citazione. Non sono così perfida.😉

giovedì 27 giugno 2019

This Was Once Little Italy

It's nice to be part of something bigger.
Little Italy is not just place. It represents a bridge across countries, cultures and time.

This Was Once Little Italy is a cultural project with the aim to recognise and celebrate the history of the Italian Community in Belfast and N. Ireland, centred on the area that was historically known as ‘Little Italy’, in Belfast’s Dockland’s Sailortown area. 


The opening event will be unveil the erection of a scaffolding tower on a derelict site in Great Patrick Street on Thursday evening 4th July 2019 at 6pm.

The follow on project will be to further celebrate Italian Culture in the city by adding a new dimension to Belfast’s Culture Night, with an Italian theme in the same area, with the support and involvement of the Italian Community. 

A small street festival in Great Patrick Street, around the ‘Italian Tower’ with street music and dancing, an Italian film/exhibition in the GT Gallery, also in Great Patrick St, Italian wine tasting event in Direct Wine Shipments, and finally a performance/play with music in St Joseph’s Church in Pilot Street in Sailortown.

We'll celebrate Italian Culture and Italian history for the first time in Belfast, and the magnificent contribution Italians have made to the city and people over the years.
Luigi