mercoledì 22 giugno 2022

Fuck fuck fuck

 Fuck fuck fuck. 

Letterale e come imprecazione. 

Saresti esaltato dalla mia vita che di certo non e’ per i deboli di cuore. Ma tu un cuore non lo hai, o forse e’ sottochiave altrove, e quindi il problema neanche si porrebbe. Tra omerta’, macchiette e carrellate di personaggi alla moda di Sorrentino ne “La Grande Bellezza” incontreresti Cesare ma anche Bruto e faresti affari con entrambi.

Tolto il tailleur e i gioielli, buttati i tacchi in un angolo, mi rendo conto di aver bevuto troppo vino e mangiato praticamente nulla. 

Mi viene in mente una parola: ferocia. E’ con feroce noncuranza che il tuo strike perfetto ha distrutto l’unico birillo ancora in piedi: il senso di unicita’. L’avevi alimentato con cura, e io l’avevo coccolato per anni, perche’ quello stare insieme e – soprattutto – quel non stare insieme avessero un significato. Non unicita’ come in monogamia, che parola fuori moda, ma come quel sentirsi a pelle, quel ritornare sui propri passi come se nulla fosse accaduto benche’ tutto fosse cambiato, quell’essere indelebili, ineluttabili, incostanti e orbitanti in galassie lontane dai comuni mortali. Esseri speciali che vivono in un mondo simbolico noto solo a loro, cosi’ deflagrante per chiunque altro. 

(Invece, non c’e’ mai stato nulla. E non te lo posso perdonare.)

Chiamo a testimoniare i demoni e le streghe e decido di arrendermi alla lussuria delle parole: scrivere – oh, scrivere è la mia magia preferita. Scrivere è il mio modo di esercitare il controllo, scrivere bene appaga il mio ego, avere un pubblico la mia vanita’. 

In fin dei conti, i pensieri non possono essere condannati. Ma neppure andrebbero condivisi. E questo perché ne faresti scempio, come un predatore che ha appena azzannato alla giugulare la sua preda. Io non racconto mai una storia: scrivo e riscrivo sempre dello stesso frammento di tempo, non vado ne’ avanti ne’ indietro perche’ una trama, in questi pezzi, non c’e’. Nessun inizio, e nessuna fine. Per una volta, come piace a me. Compongo e scompongo cio’ che e’ reale per volutta’ e per vendetta, praticando l’anafora come religione di vita. Maledizione all’estetica che ha sempre incasinato tutto.

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