La terza stagione
di Dark è terminata. Dark è terminato. Vedere Dark è un’esperienza immersiva
notevole. Non solo per il grado di concentrazione richiesto nel tenere a mente
le innumerevoli connessioni familiari ma anche a causa del mood nel quale mi fa sprofondare
per qualche giorno almeno.
Dark fa pensare allo scorrere del tempo – implacabile – e alle svariate possibilità di fronte alle quali si è messi giorno dopo giorno. Alle costanti “sliding doors” che determinano la nostra vita. Io, che di base sono ammalata di saudade, ci vado a nozze, divorzio e mi risposo pure con questo genere di sentimenti.
E visto che non c’è
due senza tre, ho messo su Tiziano Ferro e Adele. Come a dire, meglio deprimersi
per bene, senza scampo. Il mio pezzo preferito di Adele è “When we were young”:
“Let me photograph you in this light
In case it is the last time
That we might be exactly like we were
Before we realized
We were sad of getting old
It made us restless.”
In case it is the last time
That we might be exactly like we were
Before we realized
We were sad of getting old
It made us restless.”
Un po’ il mio manifesto
di vita, ecco.
Potessi fare
esattamente quello che mi aggrada, metterei la canzone a loop per ore (come
faccio sempre quando qualcosa mi ossessiona) e piangerei a dirotto. Tuttavia,
ho una spalla di agnello in forno che chiede di essere rosolata a puntino, mia
figlia che mima qualcosa dalla finestra del salotto chiedendo attenzioni, mio
marito che chiede info disparate.
Io, mi chiedo che
fine hanno fatto gli anni trascorsi. Le persone che li hanno popolati, la
maggior parte delle quali non ho fatto in tempo a immortalare in una foto. Pensate
che io e la mia migliore amica avremo sì e no una decina di foto insieme, eliminando
quelle dei rispettivi matrimoni, nonostante ci conosciamo da oltre 20 anni. Una
lunga serie di ex fidanzati non hanno neppure quelle.
Nascondo le prove
delle mie relazioni. Non che debba, è che mi capita.
E così, non ho
fotografie da guardare per ripensare a ciò che è stato e più non è. Per
ripescare luci e persone di quando ero (più) giovane. Ho quello che scrivo e tutto
quello che ricordo, che è generalmente dettagliatissimo e accurato, ma ho
pochissime immagini stampate a supporto. Tutte mentali. Che importa. Saremo sempre
diversi da quell’ultima foto scattata. Sempre diversi da quell’istante che abbiamo
scolpito nella memoria. Saremo sempre altro.
C’è un’istantanea
di me alla quale sono particolarmente affezionata. Uno scatto rubato, in cui al
centro della scena non ci sarei neppure io.. La quintessenza dell’attimo
fuggente. Me l’ha scattata una persona che non fa più parte della mia vita ma
che è stata fondamentale in uno dei miei momenti di passaggio; in un luogo che
era il mio “non-luogo” preferito ma nel quale non metto piede da anni; nella
quale appaio castana e non bionda, come mio solito, per l’erronea convinzione
di piacere di più a quello che era il mio fidanzato dell’epoca; circondata da amici
di cui ho perso quasi tutte le tracce; ad ascoltare musica che non trovo più
interessante da parecchio; vestita di celeste per un vecchio vezzo che mi serviva
a ricordare un amore passato. Un abisso tra la me di ora e la me di allora.
In mezzo: decenni, figli, lauree, matrimoni, pandemie, crociere, Usa, espatri, rientri a casa, delusioni, certezze, Stoccolma e il Giappone. Troppe persone che vanno via.
In mezzo: decenni, figli, lauree, matrimoni, pandemie, crociere, Usa, espatri, rientri a casa, delusioni, certezze, Stoccolma e il Giappone. Troppe persone che vanno via.
Non vi preoccupate:
ora mi riprendo. Metto su Cohen.
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