“Immagino che
ciascuno si racconti la storia che riesce a sopportare. È il tempo che
distorce i ricordi, ma poi la mente li modifica anche in funzione di chi siamo
e di chi vogliamo diventare.
La realtà? beh, la realtà è differente, fosse solo per la scala temporale di riferimento. Un
migliaio di giorni per un bacio, cinque settimane per finire a letto insieme. E
poi: sei anni per dimenticarcene, quattro per perdonarcelo, due per ammettere
di aver sbagliato. Questa la magnitudo del nostro rapporto. Come in una scala
Richter dei sentimenti, dove si usano gli anni per misurare l'intensità della
devastazione provocata da un incontro. Sì, direi che funziona. È originale,
sapiente, accurato.
Rewind, torniamo
indietro.
Eravamo
ossessionati e indifferenti, crudeli e teneri, appassionati e malefici. E tutte
le sfumature nel mezzo. Cinici, struggenti, vanitosi, incoscienti, falsi, veri,
grigi e a colori.
Ora, ci potremmo
raccontare di tutto e negare di tutto. Perché è vero che bastava uno sguardo
per accendere i sensi e che non era abbastanza un pomeriggio di lacrime per
farti tornare sui tuoi passi. Potevamo chiacchierare una notte intera senza mai
cedere al sonno e potevamo restare muti per anni, come se non ci fossimo mai
incontrati. Eravamo fatti della stessa sostanza di cui son fatti i sogni:
volatili, evanescenti, senza logica alcuna.
Ormai, ho deciso
cosa sei per me. Sei ciò che mi fa scrivere. Tu, il fantasma che tiene in vita
le mie parole su carta. Finzione, un prop di scena. L'arte pretende faglie in
movimento. Io, una specie di San Francisco che oscilla per le scosse, si
riassesta, butta giù pensieri, poi riprende a vivere come se niente fosse. Mi
piace: uno sconquasso e dei grattacieli. Radici e verticalità.
Passato e futuro.
Vita, di quel tipo che piacerebbe a Bukowski.”